Landini: “Non siamo un ostacolo il governo ci ascolti o mobiliteremo il Paese”

NICCOLO CARRATELLI

«Non si cambia il Paese senza il mondo del lavoro». Maurizio Landini lo ripete più volte, quasi a voler rendere più forte il messaggio da recapitare a Mario Draghi. «Il governo accetti di confrontarsi con noi su tutte le riforme – dice il segretario della Cgil – il coinvolgimento preventivo delle parti sociali deve diventare un vincolo, il lavoro delle persone deve essere una priorità della politica o sarà rottura sociale». Dal fisco alle pensioni, dagli ammortizzatori sociali alla pubblica amministrazione, «abbiamo le nostre proposte e devono tenerne conto», avverte Landini durante l’intervista con il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, per la trasmissione “30 minuti al Massimo” (la versione integrale è disponibile su lastampa. it). Inevitabile, però, partire dalla sentenza sull’ex Ilva di Taranto, le condanne per i fratelli Riva nel processo per il disastro ambientale causato dall’acciaieria pugliese.

Landini, come valuta questa sentenza?
«Come noto, noi della Cgil ci siamo costituiti parte civile di questo processo, abbiamo sempre pensato che la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini venga prima del profitto e del mercato. E abbiamo sempre denunciato ciò che l’azienda dei Riva non aveva fatto, le responsabilità su troppi ritardi e furbizie. Al di là della sentenza, ora è importante accelerare tutti gli investimenti, per far sì che la nuova azienda, con la presenza dello Stato, sia in grado di produrre acciaio senza uccidere e inquinare. La discussione va portata sul risanamento dell’acciaieria, perché il Paese ha bisogno della siderurgia, ma la salute e la sicurezza sono un vincolo sociale. 30 minuti al Massimo, Landini: “Draghi ci coinvolga o sarà rottura sociale”

L’ex presidente della Puglia Nichi Vendola, condannato a 3 anni e mezzo, parla di «verità calpestata»…
«È una sentenza di primo grado, penso non si possa mettere sullo stesso piano l’azienda e gli ex amministratori di Regione e Provincia, che comunque hanno combattuto per cambiare le cose. Ho rispetto per la sentenza, ma anche per chi si sente penalizzato dalla decisione dei giudici.

La vicenda Ilva, del resto, va avanti da tempo, con governi diversi e promesse non mantenute. E ora?
«Si trascina da quasi 10 anni, noi siamo rimasti all’accordo che garantiva l’occupazione, poi non siamo stati più coinvolti. Ora serve un’operazione che dia prospettiva e, con i finanziamenti europei e gli obiettivi sulla decarbonizzazione, ci sono condizione nuove da sfruttare.

Anche per superare la contrapposizione tra due diritti equivalenti, salute e lavoro?
«C’è un principio importante che è stato affermato in questo anno di pandemia: un’azienda che non è in grado di garantire le condizioni di sicurezza non deve lavorare, si deve fermare. Noi, unici in Europa, abbiamo firmato un protocollo anti-Covid nei luoghi di lavoro, che poi è stato recepito dal governo ed è diventato legge».

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