Fabbriche, campi, turismo e cantieri: quando a mancare sono i lavoratori
di Federico Fubini
A fine marzo Paolo Agnelli, presidente della Confederazione industrie manifatturiere italiane, ha proposto un referendum ai dipendenti di una delle sue aziende. Vista la domanda di alluminio, gli addetti della Trefileria Alexia (Sondrio) avevano diritto di scegliere. Potevano restare sui turni tradizionali. O potevano passare a una turnazione su sei giorni, paga doppia se si lavora il sabato, premio annuale di 3.850 euro a dipendente e l’assunzione di altri trenta lavoratori proprio per sostenere i turni. Il personale ha votato per non cambiare, rinunciando ai soldi e ai nuovi assunti. I sindacati locali hanno assecondato.
Senz’altro oggi in Italia si trovano molte più persone in cerca di lavoro di quanti posti siano disponibili per loro. Al conto di fine aprile pubblicato ieri dall’Istat i disoccupati sono 2,6 milioni e gli occupati sono aumentati di appena 20 mila. La Banca centrale europea stima che a marzo i cassaintegrati stabili nel Paese erano 1,5 milioni e gli scoraggiati altri tre milioni.
Eppure episodi come il caso della Trefileria Alexia sollevano un’altra preoccupazione: è possibile che, mentre milioni di persone non trovano lavoro, le imprese non trovino lavoratori? La domanda è rilevante non solo per il futuro dell’economia, lo è anche per il presente della politica: varie forze di maggioranza, dalla Lega a influenti settori del Pd, chiedono che il governo torni sui propri passi. Vorrebbero che il divieto di licenziamento fosse prorogato, anche per l’industria, ben oltre la scadenza attuale di fine giugno.
Ma con tutti i timori su un’ondata di nuovi disoccupati (forse) in arrivo, ha senso preoccuparsi se non si trovano persone da assumere? Da qualche mese questa è la battaglia di Oscar Galeazzi. LavoroTurismo.it, l’azienda che Galeazzi ha fondato e dirige, è la maggiore piattaforma italiana di intermediazione fra ristoranti o hotel che cercano addetti e disoccupati che cercano un contratto. Naturalmente il turismo è il settore più colpito dalla pandemia, eppure oggi Galeazzi conta circa seimila aziende in Italia che offrono posti sulla sua piattaforma e un numero insufficiente di candidati per soddisfarle. «Sembra assurdo, ma la mancanza di personale si è molto acuita», constata. Nel settore dell’accoglienza Galeazzi stima una carenza di personale di circa il 20%, rispetto alle richieste, o fino al 30% in mestieri da 2.500 o tremila euro al mese come i vicecuochi (i «capo partita») o i capisala. La difficoltà nel reclutare questi profili è così sentita che alcune aziende hanno iniziato a offrire di più, pur di assicurarsi gli addetti dall’inizio dell’estate.
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