La forza del realismo (e lo spirito del 2 Giugno). Così ora l’Italia può ripartire
di Aldo Cazzullo
Siamo tutti reduci dal periodo più duro della nostra vita. Il tempo dirà se questa prova ha rappresentato o no il punto alto del nostro ciclo. Per la grande maggioranza degli infermieri e dei medici è senz’altro stato così; per le classi dirigenti meno, con le solite eccezioni che confermano la regola. Di sicuro una cosa l’abbiamo capita. Se il pansindacalismo e la politicizzazione degli anni 70 si sono rivelati un binario morto della storia, non per questo aveva ragione Margaret Thatcher quando aprì il reflusso e la ritirata nel privato degli Anni 80 sostenendo che «la società non esiste». La società esiste eccome. Produce pandemie e i suoi antidoti. Tranne qualche imbecille, enfatizzato dai social, quasi tutti abbiamo capito che ognuno di noi era responsabile anche della salvezza dell’altro. Siamo animali sociali, e quando non possiamo comportarci come tali siamo condannati a soffrire. Molti tra noi sono stati colpiti negli affetti e nel lavoro; e neppure chi non ha avuto lutti e danni diretti può dire di essere passato indenne attraverso il morbo; perché nessuno, forse neanche chi si è rifugiato nei paradisi fiscali, può essere davvero felice in una società sofferente. Il 2 giugno è la sola festa civile italiana in cui ormai tutti si riconoscono.
E non solo perché i monarchici ormai quasi non esistono, mentre gli anti-antifascisti che rifiutano di celebrare il 25 aprile sono sempre di più, anche nelle urne. A 75 anni dal referendum, la Repubblica è considerata un fatto compiuto. Bene ha fatto il presidente Sergio Mattarella a ricordare che il bilancio, nonostante ombre drammatiche, è senz’altro positivo. L’Italia del 1946 era un Paese devastato da macerie non solo fisiche. Aveva perso la guerra ovunque l’avesse combattuta, a prescindere dal valore dei soldati. Era diventato campo di battaglia di due eserciti contrapposti, con la popolazione divisa tra i due fronti. Eppure dalla forza morale degli italiani scaturì un riscatto, che in meno di vent’anni fece di un Paese sconfitto uno dei più ricchi al mondo, percorso da energie che ne fecero un’avanguardia nelle arti, nel cinema, nella tecnologia, nella scienza.
Pages: 1 2