La forza del realismo (e lo spirito del 2 Giugno). Così ora l’Italia può ripartire
Oggi i grandi registi e artisti sono quasi tutti morti, l’Olivetti e altri gruppi industriali non esistono più, gli italiani sono consumatori di prodotti culturali, tecnologici e sanitari (compresi i vaccini) prodotti e pensati all’estero, quasi sempre fuori dall’Europa. Da trent’anni il nostro Paese cresce poco e male. La crisi del 2008, passata dalla finanza privata ai bilanci pubblici e all’economia produttiva, ha colpito duro. La pandemia ha fatto il resto. Tuttavia proprio il blocco innaturale di questi quindici mesi ci ha resi consapevoli di quanto il nostro Paese dipenda dal mondo globale: dalle esportazioni, che vanno benissimo, ai flussi turistici, che stanno più lentamente ripartendo. Mario Draghi parla di fiducia, che è diversa dall’ottimismo: l’ottimismo è un dono, un sentimento, un’attitudine; la fiducia si basa sui fatti. E nell’Italia del 2 giugno 2021 se ne cominciano a vedere molti che possono ispirare fiducia. Il più importante, come sempre, è il talento degli italiani per intraprendere, ricominciare, ricostruire. Ma le nostri madri e i nostri padri ricostruirono il Paese dopo la guerra anche perché seppero darsi una classe dirigente.
La crisi post pandemia ha prodotto un’ampia maggioranza parlamentare, che con alti e bassi finora ha retto. È chiaro che non potrà e nemmeno dovrà durare per sempre. Non sarà facile riformare il fisco con il Pd che vuole reintrodurre la tassa di successione, la Lega che non rinuncia alla flat tax e Berlusconi che propone di abbattere l’aliquota massima dell’Irpef dal 43 al 33%. Né basta la lettera di scuse di un ex capo politico per rendere possibile la riforma della giustizia. Eppure questa è l’occasione per individuare poche e chiare regole comuni, destinate a sopravvivere ai cambi di maggioranza che verranno, anche su argomenti non in testa alle aspettative popolari come le regole del voto e della politica. Non è vero che non ci sia tempo, perché le priorità sono altre. È vero il contrario. I partiti avranno più forza e legittimità per fare le riforme (anche istituzionali), se il governo che sostengono riuscirà nei prossimi mesi a dare risposte ai due temi più urgenti: il lavoro per i giovani; la protezione dei «piccoli» — imprenditori, artigiani, commercianti — schiacciati dalla crisi e dai giganti della Rete esenti dal fisco. Lo spirito del 2 giugno per il momento è più di una speranza; è una possibilità. Farla diventare reale non dipende dal virus, da Biden, dalla Cina, se non in piccola parte; dipende soprattutto da noi.
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