Il balzo dei prezzi strangola le aziende: “Un microchip da 3 euro ne costa 800”

Le cause e gli scenari
I numeri dicono che il petrolio è ai massimi da due anni e che in dodici mesi il rame è rincarato di quasi il 150%, alluminio e nickel circa del 70%. «È uno scenario che ha origine soprattutto nel ciclo macroeconomico – spiega Daniela Corsini, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa San Paolo –. Da una parte c’è la ripartenza che dalla Cina si è estesa a tutto il mondo e ora ai servizi, dall’altra le politiche fiscali che hanno portato grandi iniezioni di liquidità in tutto il mondo occidentale, per redistribuire il reddito dopo la pandemia. In più a spingere l’inflazione ha contribuito la svalutazione del dollaro».

Dinamiche rafforzate da fenomeni più transitori e legati alla pandemia: «Ne individuiamo due – prosegue Corsini –. Il primo è l’improvviso cambiamento dei consumi, che ha spinto il packaging, e dunque carta e plastica, e l’immobiliare negli Usa, che ha fatto impennare la domanda di legno. Il secondo sono i colli di bottiglia a trasporti e produzione: il distanziamento sociale ha frenato molti siti produttivi, come le miniere, mentre i bassi livelli di scorte decisi nei mesi dei lockdown rendono ora meno rapida la risposta nelle consegne. Per questo spesso non si rispettano le consegne nonostante i prezzi elevatissimi».

Il mix di variazione dei consumi e magazzini svuotati sta tutto nel caso dei microchip introvabili: quando le case automobilistiche hanno cancellato gli ordini durante i lockdown, i produttori asiatici si sono spostati sui chip per l’informatica e ora, con il mercato in ripresa, manca quel che serve all’automotive, in attesa che i fornitori si riallineino.

Secondo le previsioni del centro studi di Intesa, le imprese dovranno stringere i denti ancora per un anno e mezzo: «Gli investimenti pubblici in infrastrutture e transizione verde manterranno alta la domanda e quindi i prezzi – aggiunge Corsini –. Penso soprattutto ad acciaio e rame, che non è sostituibile nei processi di elettrificazione e soffre anche i freni alla produzione in America Latina, dove c’è un rinnovato interesse per i temi ambientali. Penso anche a energia e gas: è fortissima la concorrenza dell’Asia, che vuole ridurre le emissioni e cerca gas naturale. Le aziende devono prepararsi a convivere con i rincari, non si tornerà ai livelli del 2019».

È l’altra faccia della svolta green: la domanda si concentra sulle materie prime e le fonti energetiche che devono alimentarla, facendo correre le quotazioni. E, nei prossimi mesi, anche le bollette delle imprese: previsti aumenti per i diritti di emissione di anidride carbonica.

LA STAMPA

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