La sfida tra le tecnologie energetiche del prossimo futuro
Immagino le chiacchiere del futuro nel bar virtuale. Ho comprato il Purple Hydrogen, l’idrogeno atomico. Mi trovo meglio con il Green Super Idro, l’idrogeno dalle fresche acque delle nostre Alpi. Vado a fare il pieno di metano bio al depuratore comunale. Chiacchiere immaginarie sì, ma non così lontane dalla realtà del possibile: le tecnologie citate sono tutte già serenamente disponibili.
Dove andremo, where are we going, tra le rinnovabili e l’idrogeno, il metano che non scompare, il petrolio odiato ma ancora indispensabile, il divisivo nucleare che non emette CO2 ma fa irritare di orticaria molte persone? Oppure la fusione nucleare futura, gli accumulatori di corrente? E la perovskite, il minerale che per molte applicazioni fotovoltaiche potrebbe essere concorrenziale rispetto al silicio cristallino?
La sfida fra le tecnologie energetiche si gioca su molti piani in competizione fra loro e finora sia nel mondo sia in Italia l’unico insieme di tecnologie che offre mille dubbi ma mille-e-una certezze è il settore delle fonti rinnovabili, e in particolare solare ed eolico.
Di sicuro, il domani dell’energia si muoverà soprattutto con le fonti pulite. Soprattutto, ma non soltanto.
Vento e sole e il problema dell’incostanza
Le fonti rinnovabili che piacciono di più, cioè vento e sole, hanno due problemi più rilevanti di altri. Il primo problema è l’incostanza. Vi sono giornate di bonaccia in cui le eliche non si spostano di mezzo giro e giornate di cielo coperto in cui i pannelli fotovoltaici non rilasciano alcun flusso di corrente. Si chiamano “rinnovabili intermittenti”, in contrapposizione con le “programmabili” come le biomasse o l’idroelettrico con la diga, le quali ivnece possono essere modulate secondo il fabbisogno dei consumatori.
Ma i consumatori e le fabbriche – e tutto il resto del mondo che ha bisogno di elettricità: i frigoriferi, i computer, i fari sulla costa, i semafori, gli acquedotti – non possono dipendere dall’incostanza del vento e delle nuvole. Per questo motivo le rinnovabili più apprezzate, cioè eolico e solare, esigono di essere affiancate da sistemi che rendano certa la continuità di fornitura, come centrali “peaker” a metano che s’accendono in pochi istanti e si spengono non appena la nuvola smette di ombreggiare i pannelli.
Gli impianti aggiuntivi che sarebbero necessari
Se si volesse andare al 100% rinnovabili in Italia sono necessari – dicono le stime degli esperti – impianti aggiuntivi per una potenza oltre gli 87mila megawatt altamente flessibili. Nel dettaglio, servono 73mila megawatt sotto forma di stoccaggio di energia (per ora realizzare un tale stoccaggio sotto forma di accumulatori elettrici pare fantascienza) e oltre 14mila megawatt di piccole centrali elettriche istantanee a gas, biocombustibili o a idrogeno. Il gruppo tecnologico finlandese Wärtsilä – presente in Italia con alcuni grandi stabilimenti come la fabbrica Grandi Motori di Trieste – ha sviluppato enormi motori a cilindri e pistoni simili alle macchine delle navi; sono capaci di di generare più di 10 megawatt in due minuti e possono essere tarati per usare idrocarburi non fossili di sintesi oppure biocarburanti, oppure idrogeno.
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