La politica TikTok e il centrodestra in cerca d’autore
Massimo Giannini
Ha ragione da vendere, Massimo Cacciari. Le forze politiche si giocano la loro stessa sopravvivenza su questo: disegnare un nuovo orizzonte di valori sui quali sia possibile costruire se non un’alleanza, almeno una efficace dialettica con le grandi potenze tecniche, economiche, finanziarie della nostra epoca. E ha ancora più ragione quando, a conclusione del suo editoriale di una settimana fa, scrive “sarebbe bello vi fossero ancora congressi di partito dove discuterne”. In Italia, purtroppo, latitano sia l’uno che gli altri. Non si vede un nuovo “orizzonte di valori”, ovunque si abbia voglia di cercarlo. Non c’è traccia di congressi di partito, qualunque sia la “ditta” che dovrebbe convocarli. Il Sistema-Paese si regge su due soli pilastri. Al Quirinale, Sergio Mattarella fa quello che può: attraversa la terra incognita del semestre bianco impugnando la Costituzione e inverandone i principi, ancora in larga parte traditi.
A Palazzo Chigi, Mario Draghi fa quello che deve: gestisce la pandemia e sostiene l’economia, traendo la sua forza dalla somma delle debolezze sottostanti. Per il resto, la pur necessaria scomposizione e ricomposizione del sistema procede a strappi, sincopi e sussulti. Progetti e propositi si inseguono da un giorno all’altro. Senza un’idea, una visione, un disegno. Tutto si consuma in un circuito autoreferenziale di leaderismo e di situazionismo, dove le convenienze tattiche della nomenklatura fanno premio sulle esigenze pratiche della collettività. È la Politica TikTok, che trova la misura di se stessa nella caccia ai follower più che nella ricerca del bene comune. Il caso di scuola, questa settimana, è la destra. Tutti i sondaggi confermano ormai che la somma dei voti di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia è già larga maggioranza nelle intenzioni di voto.
In un Paese normale, ti aspetteresti una seria riflessione tra queste tre forze, per elaborare un progetto di governo credibile e offrirlo agli italiani che potrebbero tornare alle urne anche prima della scadenza naturale della legislatura. Cioè, per ridirla con Cacciari, ti aspetteresti che Salvini, Meloni e Berlusconi definissero appunto quel “nuovo orizzonte di valori”, e su quelli costruissero la “nuova alleanza” politica candidata a guidare il Paese dopo la parentesi tecnica di Draghi. Una “Rivoluzione moderata” e articolata in due fasi successive: prima i contenuti, poi il “contenitore”. Un confronto che dovrebbe partire dal basso, non solo attraverso il coinvolgimento delle constituency tradizionali che si devono rimotivare, ma anche attraverso l’ascolto dei diversi ceti sociali e delle nuove élite culturali che si vogliono intercettare. Un confronto che dovrebbe partire dai territori, attraverso la ricerca di candidature forti e condivise in vista delle amministrative d’autunno, e poi allargarsi ai temi, attraverso la messa a punto di un Manifesto della destra moderna.
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