L’alba nascente del SuperBoom
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha previsto per quest’anno la più importante espansione economica da mezzo secolo a oggi, citando l’importanza dei piani di spesa di Biden, che dovrebbero mettere il turbo all’economia globale. L’Ocse si aspetta adesso che la produzione globale cresca del 5,8 per cento quest’anno, dopo una contrazione del 3,5 per cento nel 2020. Per gli Usa è previsto un incremento del Pil pari al 6,9 per cento su base annua e dell’8,5 per la Cina. Per Michael Spence, premio Nobel per l’Economia, l’idea che ci aspettino diversi anni di forte crescita in Occidente non è esagerata. «Non so quanto durerà il boom, ma a quanto sembra potrebbe essere un fenomeno che interessa più anni, se assisteremo a una vera crescita della produttività, e io ritengo che ci siano buone chance in tale senso, grazie alla rapida crescita dell’economia digitale nel mondo post-Covid». Spence sottolinea l’importanza degli incrementi di produttività raggiungibili grazie alla digitalizzazione, in America come in Europa. Poi avverte: «Ovunque ci saranno dei tassi di aumento del Pil clamorosi, perché i settori dell’economia che sono stati chiusi stanno riaprendo, ma per arrivare a una crescita duratura gli incrementi di produttività sono indispensabili».
In tutto l’Occidente cresce la fiducia di industria e commercio, le rivoluzionarie e impetuose imprese del mondo post-Covid offriranno ghiotte opportunità di investimento. Negli Stati Uniti, i progetti in stile New Deal del presidente Biden includono un pacchetto già approvato di stimoli pari a 1.900 miliardi, mentre sono al vaglio interventi ulteriori per le infrastrutture e la creazione di posti di lavoro per un totale di altri 1.000 miliardi. Tutto questo in aggiunta ai 900 miliardi di dollari già approvati a dicembre e a migliaia di miliardi di dollari di nuove spese proposte da Biden per l’anno prossimo. Il risultato è uno stimolo fiscale dell’ordine di quasi 4.000 miliardi, ovvero il 20 per cento circa del Pil statunitense. Cifre grosse. Nell’eurozona i 750 miliardi di euro dei fondi Next Generation EU verranno impiegati nel corso dei prossimi anni. L’Italia progetta di spendere 248 miliardi di euro, il 13% del Pil, ma spalmati su più anni. E solo se verranno soddisfatti determinati criteri, come le riforme strutturali che dovranno essere negoziate e concordate, e successivamente approvate e certificate con regolari controlli, pena la perdita dei finanziamenti.
Secondo Lorenzo Codogno, economista, professore della London School of Economics e già dirigente del Tesoro, si può paragonare il presidente Biden a Franklin Delano Roosevelt: «Si parla di un momento hamiltoniano in Europa, ma in realtà è un momento rooseveltiano… Biden è come Roosevelt». Ha aggiunto che se l’Italia vuole raggiungere un boom che duri nel tempo, deve portare a termine alcune riforme strutturali. «Senza riforme strutturali sarà solo un boom temporaneo» ha precisato. Negli Stati Uniti tempi più rosei sono già alle porte, la gente ha più soldi in tasca e maggiore capacità di spesa. L’idea di un SuperBoom, per l’America se non per buona parte del mondo occidentale, non sembra campata in aria. Ho parlato con grandi leader del settore industriale e bancario che mi hanno detto che l’economia americana sarà “incandescente”, e non solo per i prossimi dodici, ventiquattro mesi. Forse troppo. Il boom delle economie europee sarà meno forte. L’America tende a essere più dinamica da questo punto di vista. E il tasso di crescita del Pil italiano potrebbe essere ancora più debole rispetto alla media europea, almeno finché non migliora la produttività. Ma ogni nazione può cogliere al volo l’opportunità, e anche l’Italia può beneficiare dell’imminente boom mondiale – sempre che stavolta le riforme strutturali possano contare su un vero sostegno popolare. È necessario che la società italiana comprenda che nonostante la radicata tendenza alla rassegnazione, è davvero arrivato il momento di credere nel cambiamento.
Come ha detto Mario Draghi qualche giorno fa: «Il grande timore che abbiamo tutti oggi è che finita la pandemia e avviatasi una forte ripresa, questa non sia duratura… Per renderla duratura e sostenibile c’è bisogno di un’Italia che torna a credere nel futuro».
LA STAMPA
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