Così il patriarcato impone la sua legge
Non sapeva probabilmente che i genitori avevano già preso i biglietti per squagliarsela dopo il delitto. Che i fratelli e i cugini sarebbero scappati in altri Paesi, lasciando solo il più piccolo che per fortuna la pensa come la sorella e ha avuto il coraggio di raccontare come stanno i fatti.
Certamente avranno fatto finta di accoglierla benevolmente per portarla come un agnello sacrificale al suo destino di morte. Cosa le avranno detto per convincerla ad affidarsi allo zio? Che lui aveva in mano i suoi documenti? Che voleva perdonarla magari dopo qualche gesto di rispetto? Anche lo zio l’avrà abbracciata prima di strangolarla? Il coraggio di Saman, che dovrebbe farci vergognare per la nostra incapacità di proteggere le vittime annunciate di famiglie violente, sta nelle sue parole. Oggi sappiamo dal suo fidanzato pakistano a cui lei si era proposta come una “italian girl” che gli aveva confidato di avere sentito i genitori parlare di assassinio, ma avevano negato si trattasse di lei. Saman dunque sapeva che erano capaci di trucidare una ragazzina innocente in nome di un onore antico e putrefatto. Ma è andata lo stesso. Al fidanzato ha detto al telefono: “Se non mi senti, chiama i carabinieri”. Con un coraggio che dovremmo esaltare, è andata incontro al rischio di morte pur di conquistare la sua identità. Con quel passaporto infatti avrebbe potuto allontanarsi liberamente da quella casa, da quella famiglia, da quelle minacce. Sinceramente penso che dovremmo vergognarci di averla lasciata sola, di non averla saputa difendere. Addio, piccola valorosa Saman, che il cielo ti faccia da madre e da padre, al posto di due genitori che non hanno saputo amarti.
LA STAMPA
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