Draghi fa sponda con Merkel, Biden sorpreso dai toni sulla Cina
ILARIO LOMBARDO, PAOLO MASTROLILLI
DAGLI INVIATI A CARBIS BAY E PLYMOUTH. Dai finestroni l’azzurro splendente del mare sovrasta la stanza del vertice. È mattino e l’imprevedibilità del clima della Cornovaglia regala un sole che scaccia la bruma con cui Carbis Bay era stata avvolta la sera prima. I leader del G7 sono seduti ad ascoltare Angela Merkel che sintetizza così la posizione europea sulla Cina a Joe Biden: «Non si tratta di essere contro qualcosa ma per qualcosa». Mario Draghi è d’accordo e lo è anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Biden è stupito. Si aspettava le resistenze della cancelliera tedesca, meno quelle del presidente del Consiglio italiano. Il presidente americano era arrivato con un’idea precisa e una serie di proposte agli alleati. Il nuovo avversario globale è la Cina e va neutralizzata con un’operazione che dimostri l’esistenza di due blocchi: da una parte l’alleanza delle democrazie, dall’altra le autocrazie.
Ma Biden non vuole solo generiche prese di distanza, pretende un segnale. Chiede che nel comunicato ufficiale di fine G7 venga espressa una forte condanna alla sistematica violazione dei diritti umani in Cina, citando i trattamenti riservati alla minoranza musulmana uigura nella regione dello Xinjiang. L’obiettivo massimo che si era dato Biden all’inizio del vertice è di esplicitare il divieto di importare prodotti realizzati con il lavoro forzato. Quello minimo è l’impegno a fermare i maltrattamenti, negati da Pechino, e le pratiche commerciali sleali. In ogni caso, gli Stati Uniti si assicurerebbero di vedere menzionata la Cina nel testo. Non tutti sono d’accordo e in una bozza circolata nel pomeriggio Pechino non è ancora citata. Le diplomazie dei singoli Paesi trattano per ore sui dettagli del comunicato e in un briefing serale la Casa Bianca appare sollevata e fiduciosa della convergenza conquistata. Prima di dare un giudizio definitivo, però, vuole vedere come sarà confezionata oggi la dichiarazione congiunta finale.
La giornata era infatti cominciata in tutt’altro modo. In un primo incontro con i media, fonti della presidenza Usa erano apparse più preoccupate delle «divergenze» emerse al tavolo dei leader. In particolare, l’Europa intende mantenere il suo approccio tradizionale con la Cina, più pragmatico, ricco di sfumature. È la posizione storica dell’Ue che Biden punta a incrinare. Gli Stati Uniti calibrano d’astuzia briefing e indiscrezioni anche per lavorare sulle reazioni degli alleati. E ci riescono. Perché, dopo aver fatto filtrare che alle prevedibili resistenze di Merkel si era sommato il muro innalzato da Draghi, lo staff della presidenza del Consiglio si è affrettato ad articolare meglio il pensiero dell’ex banchiere. Il premier concorda con la posizione espressa «dalla maggioranza dei Paesi del G7» sulla necessità di avere relazioni di tre tipi con la Cina: cooperative su temi come la lotta al cambiamento climatico, più competitive su altri, come il commercio e le catene globali del lavoro, e in contrapposizione su diritti umani e civili.
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