La pandemia e la chiarezza che manca La pandemia e la chiarezza che manca
Può, purtroppo. Infatti ogni Stato fa a modo suo. Sul fronte italiano, il 9 febbraio una circolare ministeriale raccomanda Astrazeneca «per le persone dai 18 fino al compimento dei 55 anni». L’8 marzo si può somministrare «anche agli over 65». L’8 aprile è approvato «a partire dai 18 anni di età», ma è raccomandato un «uso preferenziale per gli over 80». Il 12 maggio, sull’onda dell’entusiasmo per l’arrivo di «20 milioni di dosi a giugno», il Cts certifica la validità degli Open Day, per offrire su base volontaria «i vaccini a vettore adenovirale a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni». Il 14 maggio la Struttura Commissariale invia il parere favorevole del Comitato alle Regioni, che dall’Emilia al Lazio lanciano la trionfale “campagna giovani”, per maggiorenni e maturandi.
Dopo un mese di somministrazioni massicce, dopo la morte di Camilla, dopo il sequestro del lotto di vaccino già inoculato a lei e a un’altra giovane 34enne ora in ospedale, tutto cambia di nuovo: niente Astrazeneca per gli under 60, e chi l’ha già assunto con la prima dose farà la seconda con Pfizer o Moderna. Dovremmo essere soddisfatti. Ma non lo siamo. Perché pensiamo allo stato d’animo dei ragazzi che si sono vaccinati con Astrazeneca fino ad oggi. Perché ci chiediamo quanto varrà questa ulteriore raccomandazione (solo più «perentoria» delle altre) visto che le stesse autorità che la riformulano oggi l’avevano disattesa nei mesi scorsi. Perché non sopportiamo più lo scaricabarile sistematico, con le regioni che accusano il Commissario e l’Aifa che accusa le regioni.
Intendiamoci: come scrive Fareed Zakaria (Il mercato non basta – Dieci lezioni per il mondo dopo la pandemia, Feltrinelli) la scienza è innanzitutto un metodo di indagine: pone domande e mette rigorosamente alla prova le ipotesi. Dalla scienza non possiamo pretendere risposte semplici e definitive, meno che mai quando “opera nelle nebbie” in cerca di un virus sconosciuto. Solo a gennaio 2020 Anthony Fauci, il più grande immunologo del pianeta, diceva testualmente: «C’è un bassissimo rischio per gli Stati Uniti… Non è qualcosa di cui devono preoccuparsi gli americani o di cui essere spaventati». Abbiamo visto com’è finita, 4 milioni di morti dopo.
Lasciamo che gli scienziati facciano il loro lavoro (magari lontani dalla cerimonia cannibale dei talk televisivi). Ma è dai politici che dobbiamo esigere una maggiore assunzione di responsabilità. Anche quando si consumano tragedie impreviste, ma forse non imprevedibili come quella di Camilla. Anche quando si combatte una guerra asimmetrica contro un nemico invisibile come la pandemia, che fiacca le nostre economie e indebolisce le nostre democrazie. Vale per Salvini, che specula sulla morte di Camilla bombardando l’esecutivo di cui è “azionista” e accusandolo di aver usato bimbi e ragazzi come cavie da “laboratorio”, neanche fossimo nella “clinica” del dottor Mengele ad Auschwitz. Ma vale anche per Figliuolo, per Speranza e per Draghi, che hanno il dovere di decidere in modo chiaro e di comunicare in modo tempestivo. Per citare ancora una volta Zakaria: come nel Novecento il dibattito pubblico è ruotato intorno alla “quantità di governo” (cioè la dimensione e il ruolo dello Stato nella società e nel mercato), in questa crisi epocale l’unica cosa che conta è la “qualità del governo” (cioè l’efficienza delle strutture e l’efficacia delle scelte).
I vaccini sono la sola nostra ancora di salvezza, in una tempesta che ciascuno di noi affronta su barche diverse. Io voglio che tutti si vaccinino. Voglio che il G7 costringa Big Pharma a rinunciare ai brevetti, perché il vaccino sia disponibile e accessibile anche alla metà povera del mondo che finora non l’ha avuto. Di più: come dissi all’allora premier Conte, nell’ultima puntata di “Porta a Porta” prima della sua caduta, voglio che il vaccino contro il Covid diventi obbligatorio per legge. Ma questa volontà, individuale o collettiva che sia, non può prescindere dalla fiducia. Se manca quella, non c’è resilienza possibile. Se manca quella, come dice Galileo, «la mattina non mi sento la forza di alzarmi dal letto».
LA STAMPA
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