Così Eriksen si è salvato dal malore: «Massaggi cardiaci, defibrillatore, Kjaer: ripreso alle porte della morte»

di Fabrizio Caccia

Così Eriksen si è salvato dal malore: «Massaggi cardiaci, defibrillatore, Kjaer: ripreso alle porte della morte»

«Christian Eriksen era già alle porte dell’aldilà, la fibrillazione ventricolare è l’anticamera della morte – dice il professor Gaetano Thiene, esperto di morte cardiaca improvvisa negli atleti -. E invece il miracolo questa volta è avvenuto, gli hanno salvato la vita, la sua è stata una morte improvvisa abortita. È stato un grande successo». È accaduto ieri al 43’ minuto del primo tempo di Danimarca-Finlandia, allo stadio di Copenaghen. «Ecco il paradosso – dice il professor Thiene -. C’erano già stati più di 40 minuti di gioco, ma questo non è un problema per un atleta. Il cuore è capace di prestazioni sportive enormi, di grandi performance meccaniche, ma la stabilità elettrica è un’altra storia, nel cuore di Eriksen c’è stato un cortocircuito».

È il 43’ minuto. Eriksen si avvicina alla linea del fallo laterale per ricevere la palla da un compagno, ma a un tratto comincia a barcollare, pochi passi e cade. Subito, però, per fortuna, i compagni, l’arbitro, gli avversari, si accorgono del dramma. E scattano i soccorsi. «Per questo dico che andrebbero premiati. Tutti quanti!», si emoziona il professor Thiene, che eseguì la perizia su Davide Astori, il difensore della Fiorentina morto il 4 marzo 2018 e quella su Antonio Puerta, il centrocampista del Siviglia colpito da un arresto cardiaco in campo il 25 agosto 2007.

Andrebbero premiati tutti, su a Copenaghen, secondo il professore. «Dal compagno di squadra (il capitano Kjaer, ndr) che ha avuto la prontezza di spostargli la lingua per riaprire le vie aeree superiori. Ai medici che per diversi minuti gli hanno praticato il massaggio cardiaco perché il cuore potesse pompare. Eppoi a quelli che hanno usato il defibrillatore. Il defibrillatore è stata una grandissima invenzione, è un salvavita. Se l’hanno usato vuol dire che era in corso una fibrillazione ventricolare, il ragazzo ha perso coscienza, non poteva essere una sincope banale da caldo o da freddo, fosse stato così si sarebbe presto rialzato».

Grazie alla scossa, «alla schicchera», invece, come la chiama familiarmente un altro luminare della cardiologia, Bruno Marino, allievo del professor Thiene, il defibrillatore ha riportato il cuore «al ritmo sinusale», naturale. «Una manovra veloce, giusta». Adesso si faranno tutti gli opportuni approfondimenti, ma appare evidente che Eriksen «ha avuto un’aritmia che ha portato al collasso», dice Bruno Marino, del Policlinico Umberto I di Roma. E aggiunge: «Ora la sfida sarà capire i motivi precisi, perché di misteri sulle morti improvvise grazie agli studi non ce ne sono più».

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«Una patologia sottostante c’è di sicuro – dice Thiene, prof emerito a Padova -. E purtroppo queste patologie possono sfuggire anche ai controlli più serrati come quelli dei medici sportivi».

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