Il Garante dell’allucinazione sta tornando

Dopo qualche tempo di malmostoso autoesilio, occupato a scrivere sul blog di turbine eoliche portatili o a produrre sguaiate difese del figlio accusato di stupro, Beppe Grillo è tornato a occuparsi di politica. Nel giro di una settimana ha confermato l’irriformabilità della regola dei due mandati, e ha cercato di condurre il semileader del Nuovo Movimento cinque stelle, Giuseppe Conte, in visita all’ambasciata di Cina.

L’irriformabilità della regola dei due mandati – secondo la quale tutti i caporali grillini fra meno di due anni se ne andranno a casa e adieu, e si dice di Luigi Di Maio, di Alfonso Bonafede, di Vito Crimi, di Paola Taverna eccetera – è stata giustificata con l’esigenza di non perdere la purezza rivoluzionaria dell’anima, il disinteressato spirito di servizio popolare indisposto alle lusinghe della carriera. Un tentativo struggente per un partito che non voleva allearsi con nessuno e si è alleato con tutti, che doveva scardinare l’Europa della finanza e sta al governo dell’ex presidente della Bce, che non doveva avere gerarchia e ha solo gerarchia, e mi fermerei qui per non replicare la filastrocca del Tap e del Tav.

Né vorrei fare il torto a Grillo di attribuirgli un ultimo slancio ideale, quello lo lasciamo all’onestà dei suoi elettori. Mi sembra più onorevole riconoscergli il tentativo di far fuori una nomenclatura di spaventapasseri da lui stesso voluta, che quando nulla sapeva lo guardava con rapito smarrimento e ora, imparate due cose, giuste due, comincia a intuire l’imprevedibile e iroso mattacchione. Diciamo così: il professorone non può digerire i professorini, e cercherà di mettere in piedi un Nuovo Movimento di scolaretti, come ai tempi d’esordio nei palazzi, quando i neoparlamentari salivano in torpedone per raggiungere il mistico capo e abbeverarsene nella casa di campagna.

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