Le nostre piazze e le tutele che mancano
Nel frattempo, sempre a causa del Covid, un altro colpo è stato inferto al paesaggio urbano del Paese. Sempre con il proposito del risarcimento — questa volta per la diminuzione o interruzione subita dalla propria attività — bar e ristoranti sono stati autorizzati ad occupare, in deroga temporanea ad ogni disposizione di legge, con i loro tavolini tutto lo spazio pubblico che gli sembrasse utile occupare. A procedere a tale occupazione — gratuita — non solo con i tavolini né solamente sui marciapiedi, peraltro. Infatti, soprattutto nelle ultime settimane — paradossalmente proprio con lo scemare dell’epidemia ma non a caso con l’avvicinarsi della stagione estiva — bar e ristoranti si sono dati freneticamente a costruire dovunque dehors di ogni tipo e misura, con pedane di legno e strutture metalliche, e in moltissimi casi anche sulla sede stradale. Con l’ovvia conseguenza, tra l’altro, che in molte vie lo spazio per il parcheggio delle auto lungo i marciapiedi, già di per sé insufficiente, si è ulteriormente ridotto. È fin troppo facile prevedere che quando mai da qui a mille anni qualche governante suicida manifestasse l’intenzione di ristabilire lo stato precedente delle cose (cioè il rientro nella legalità) il minimo che ci si potrà aspettare sarà la rivolta generalizzata incluso il ricorso alle armi.
Questo italianissimo uso privato delle sciagure pubbliche è valso ad ampliare uno sconcio comunque già di antica data. Lo sconcio costituito da intere vie (perlopiù vie caratteristiche dei vecchi centri storici) e talora interi quartieri, che in nome del turismo sono stati tramutati in miserabili palcoscenici posticci del presunto «colore» locale o, più banalmente, come quinte delle attività di ristorazione. Quest’ultimo è il caso ben noto di quasi tutto il romano rione di Trastevere, o della Vucciria palermitana o delle napoletane via Partenope o Spaccanapoli: luoghi divenuti regolarmente delle ininterrotte e tristi file di tavoli di ristoranti ovvero , come l’appena citata Spaccanapoli, un volgarissimo susseguirsi di una sfilza di botteghe che vendono corni portafortuna, statuette di Totò, pasta Vesuvio, collane di finto corallo di plastica, al posto delle antiche attività commerciali e artigianali. Naturalmente nell’indifferenza della cittadinanza e con la benedizione degli amministratori locali sempre disposti ad avallare ogni turpitudine in cambio di un po’ di consenso.
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