Varianti, Italia impreparata: “Pochi tracciatori e tamponi”

Paolo Russo

ROMA. La variante “indiana”, ribattezzata Delta, spaventa il Regno Unito, diventa prevalente anche negli Usa mentre da noi è sbarcata già ma quanto sia diffusa nessuno sa dirlo. I dati ufficiali parlano appena dell’1% ma quasi tutti i virologi pensano che il dato sia sottostimato. Questo perché l’Italia è impreparata a dare la caccia alle varianti per tre buoni motivi. Primo: sequenziamo appena l’1% del virus in circolazione e lo facciamo solo in un giorno dato, una volta al mese. Questo perché si va ancora avanti grazie alla buona volontà dei laboratori pubblici sparsi un po’ in tutte le regioni, che questo lavoro lo fanno gratis e in aggiunta alle loro altre numerose attività. La neo direttrice del dipartimento malattie infettive dell’Iss, Teresa Palamara, ha annunciato più di dieci giorni fa la nascita di una rete di laboratori per la caccia alle varianti regolarmente finanziata dallo Stato, ma si è ancora in attesa del parto.

Secondo motivo: facciamo sempre meno tamponi. Forse perché -come sospetta il Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – le regioni hanno poco interesse a scoprire nuovi contagi, visto che dal numero di questi dipende l’ingresso o meno nella fascia bianca dove tutto o quasi riapre. «La costante diminuzione dell’attività di testing da un lato fa sottostimare il numero dei nuovi contagi e dall’altro ribadisce la rinuncia al tracciamento dei contatti, proprio ora che la ridotta incidenza dei casi ne permetterebbe la ripresa», sottolinea Cartabellotta. Che nelle 4 settimane passate ha rilevato una diminuzione del 28,3% delle persone testate. Come al solito con grandi differenze regionali, perché dalle 239 persone ogni 100mila abitanti testate ogni giorno nel Lazio si passa alle sole 64 della Puglia. Ed è chiaro che se non cerchiamo il virus nemmeno possiamo poi pretendere di sapere in che misura realmente circolino le varianti nel nostro Paese. Terzo fattore che rischia di farci trovare impreparati in caso di avanzata della variante Delta o qualsiasi altra mutazione insidiosa dovesse fare capolino è la carenza di cacciatori di virus. Gli addetti al contact tracing. In media ne abbiamo circa uno ogni 10mila abitanti, secondo uno standard fissato agli albori della pandemia, ma che nel corso delle varie ondate si è rivelato essere assolutamente insufficiente a spegnere i focolai sul nascere quando di virus ne circola molto.

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