Vertice Biden-Putin: due versioni, nessuna felicità e «un lampo di fiducia»

di Paolo Valentino

Vertice Biden-Putin: due versioni, nessuna felicità e «un lampo di fiducia»

dal nostro inviato
GINEVRA — La ricerca della felicità non è l’obiettivo dei rapporti tra Stati Uniti e Russia. Né il vertice di Villa La Grange porta a risultati concreti, lasciando irrisolti tutti i punti critici che li dividono. E tuttavia, tre ore di colloqui accendono un lampo di speranza che tra Mosca e Washington possa riprendere e consolidarsi un «dialogo pragmatico basato sui rispettivi interessi» e mirato a costruire fiducia reciproca. Non c’era amicizia prima e non c’è neanche dopo, tra Joe Biden e Vladimir Putin. Ma dall’incontro del Lemano emergono uno sforzo di civile comprensione e un disegno distensivo, che riporta a regime le relazioni diplomatiche con il ritorno degli ambasciatori nelle due capitali e promette la ripresa di trattative per la stabilità strategica e il disarmo nucleare, tema sul quale il Cremlino rimane per la Casa Bianca interlocutore imprescindibile per la sicurezza collettiva.

È stato un summit dove il linguaggio ha probabilmente contato più della sostanza. Sia Putin che Biden sono stati attenti a evitare dure polemiche, pur marcando i loro dissensi. Il presidente russo ha elogiato il capo della Casa Bianca come «partner costruttivo, equilibrato e di grande esperienza», definendo i colloqui «privi di ostilità». Biden, che ha iniziato la sua conferenza stampa quando l’altro ha finito, ha detto «che non ci può essere alcun surrogato al dialogo personale tra i leader di due Paesi potenti e orgogliosi», notando che il tono delle conversazioni è stato «buono e positivo» e che anche i disaccordi sono stati espressi senza iperboli e attriti: «Non ci sono state minacce — ha commentato il leader americano — ma ho spiegato al presidente Putin che gli Stati Uniti risponderanno a ogni violazione della sovranità democratica, loro e dei loro alleati».

Il vertice si è svolto in due parti. Alla prima, durata poco più di un’ora davanti a un mappamondo, nella splendida biblioteca della villa ottocentesca, hanno partecipato solo i due leader e i rispettivi ministri degli Esteri, il russo Sergej Lavrov e il segretario di Stato americano Tony Blinken. La seconda, allargata, è andata avanti per quasi novanta minuti, con sei americani oltre Biden, fra i quali il consigliere per la Sicurezza nazionale Jack Sullivan, la numero due del dipartimento di Stato, Victoria Nuland e l’ambasciatore americano a Mosca, John Sullivan. Dall’altra parte del tavolo, con Putin, otto persone fra cui il viceministro degli Esteri Anatoly Riabkov, il capo di Stato maggiore generale Valery Gerassimov e l’ambasciatore a Washington Anatoly Antonov.

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