Francesco Zambon, il medico che accusò l’Oms: «Rinuncio a uno stipendio da 7.500 euro al mese»

di Andrea Pasqualetto

Francesco Zambon, il medico che accusò l'Oms: «Rinuncio a uno stipendio da 7.500 euro al mese»

Deluso, solo e disoccupato, il dottor Francesco Zambon se ne va: «Con un mutuo da pagare ho pensato di mettere in vendita la casa di Venezia e trasferirmi in un appartamentino di famiglia su in montagna».

Non che l’ex funzionario dell’Oms sia finito sul lastrico, sia chiaro, ma due conti in tasca se li è fatti pure lui e ha deciso che senza uno stipendio non poteva più permettersi la città lagunare dove ha lavorato per anni. Trevigiano di Vittorio Veneto, Zambon si era dimesso tre mesi fa dall’Oms denunciando le opacità del massimo organismo mondiale della sanità: la «mancanza di trasparenza e indipendenza», i «conflitti d’interesse», il «piano pandemico nazionale non aggiornato» e quel report, poi ritirato, in cui lui definiva «improvvisata» la risposta italiana all’emergenza Covid. Accuse messe nero su bianco prima davanti ai magistrati di Bergamo e poi fra le pagine di un libro scomodo, «Il pesce piccolo», nel quale ha rilanciato il suo sfogo.

Dottor Zambon, dimissioni pagate a caro prezzo.
«Già, lavoravo da 13 anni nell’Oms con contratto a tempo indeterminato. Prima cinque anni a Mosca, poi Venezia… Ho dovuto rinunciare anche al Tfr. Per regolamento interno quando ci si dimette dall’Organizzazione non si ha diritto al trattamento di fine rapporto».

Lei quindi non ha più entrate?
«È la ragione per cui sto cercando di vendere la casetta che avevo comprato in città. Potrei metterla anche in affitto ma il periodo è difficile. In ogni caso mi sono già spostato a Domegge, Cadore, in un piccolo appartamento di famiglia».

Ci può dire quanto guadagnava all’Oms?
«Il costo per l’azienda era di 220 mila dollari l’anno, lo stipendio circa 7.500 euro netti al mese. Il mio contratto fino alla pensione aveva un valore di quasi 4 milioni di dollari. Diciamolo: nessuno si dimette mai dall’Oms».

Un signor stipendio, non poteva fare le sue battaglie rimanendo nella struttura?
«L’ambiente di lavoro era diventato difficile, io ero sempre più emarginato. Non è stata comunque una scelta facile. Diciamo che in me ha prevalso la questione di principio: l’Oms aveva tradito la sua missione di indipendenza, di trasparenza, di organismo super partes che tutela la salute dei cittadini nel mondo. Il mio rapporto sulla pandemia era stato ritirato solo perché dava fastidio al governo italiano, non per ragioni di verità. Inaccettabile».

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