Il piano di Draghi per il lavoro: più formazione, via i navigator

Ogni volta Draghi torna a battere con insistenza sulle ricette economiche che aveva già illustrato al G7 in Cornovaglia. Per uscire non a pezzi dalla pandemia servono politiche fiscali espansive ed è necessario «mantenere favorevoli le condizioni della domanda», trasformando gli investimenti in cantieri e lavoro, l’unica strada diminuire i sussidi e «garantire un sostegno ai lavoratori, che stanno affrontando un rischio crescente di dislocazione». L’obiettivo «minimo», confida Draghi, è riportare la crescita «almeno in linea con la traiettoria precedente alla pandemia», quello «ideale» è superarla» per «compensare l’aumento del debito». È necessario però «che l’occupazione aumenti in maniera più celere, per creare i posti di lavoro di cui abbiamo bisogno. L’economia globale sta attraversando una fase di profondi cambiamenti, tra cui la transizione ecologica e digitale, che richiederanno una riallocazione della forza lavoro». Draghi lo sostiene da sempre: sostegno e formazione devono essere selettivi. Puntare ai settori del futuro, come appunto green e digitale. Nella riforma del reddito di cittadinanza si manterrebbe il sussidio per chi ha difficoltà a entrare o rientrare nel mercato del lavoro e si indirizzerebbero gli altri, soprattutto i giovani, verso i settori che hanno bisogno di personale. Draghi vede due grandi rischi, però: il gap delle vaccinazioni di massa, tra i paesi più poveri (fermi allo 0,3% delle dosi somministrate) e quelli più ricchi (85%). E l’aumento dell’inflazione che, se incontrollata, può creare un solco tra l’economia americana, in fortissimo rilancio, e quella europea.

LA STAMPA

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