La famiglia Berlusconi spinge il patto con Matteo Salvini. Obiettivo: liberarsi di Forza Italia
di Carlo Tecce
Qualcuno con buona memoria si ricorderà che un paio di settimane fa, durante un intervallo ludico fra «notti magiche inseguendo un gol sotto il cielo di un’estate italiana» canticchiata nel traffico e l’esposizione di tre mele anziché le iconiche tre pere ai turchi, Matteo Salvini ha comunicato serioso, e quand’è serioso indossa la camicia bianca, l’intenzione di federare Forza Italia e la Lega ex Nord. Però stavolta Salvini, un po’ avventato, forse precipitoso, certamente impreciso, ha il sostegno di un alleato necessario per sfuggire alla concorrenza di Fratelli d’Italia: la famiglia Berlusconi.
Che
sia una federazione, la solita fusione, un partito unico, un cartello
elettorale, un genere più impegnativo di una pigra convivenza nel
centrodestra, questa cosa qui, di cui Salvini parla e riparla, poi tace e
si pente, è una cosa che ha negoziato con la famiglia Berlusconi, con
Silvio convalescente fra la villa di Arcore e l’ospedale di Milano, con i
figli di Silvio, soprattutto Marina. Questa cosa qui, che adesso non ha
una definizione compiuta e neanche una formula decifrabile, è un modo
per Salvini di liberarsi di Giorgia Meloni e per la famiglia Berlusconi
di liberarsi di Forza Italia.
DIETRO IL PATTO
Salvini
ha capito che per competere con Giorgia Meloni deve andare dove non
arriva Giorgia Meloni. Al centro, che poi in politica è quello spazio
elettorale che sa di tutto e sa di niente a cui ambiscono in troppi.
Così gli hanno garantito quando ha accettato di aderire al governo di
Mario Draghi.
Salvini si sfama con
la popolarità, gli indici di ascolto, le condivisioni dei video, le
caterve di mi piace. Se Meloni lo supera su Facebook, si dispera. Se
Meloni lo supera negli equilibri del centrodestra, è finito. Allora ha
pensato che questa adesione al governo di Mario Draghi, che ha accettato
perché gli hanno imposto di accettare, è l’occasione perfetta per
rifare la coalizione senza mettersi lì a rivaleggiare con Fratelli
d’Italia che ha il vantaggio di muoversi all’opposizione in beata
solitudine.
Matteo ha accennato vagamente questa cosa qui ai ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia e ai dirigenti leghisti, non ha illustrato i particolari perché ne era sprovvisto, non si è soffermato su nulla, però all’improvviso un giorno ne ha fatto un annuncio solenne. L’annuncio di un piano. Salvini si piazza a destra, tipo cippo di confine, e scruta gli eventuali possedimenti al centro. Arriva talmente lontano con lo sguardo che il renziano Ettore Rosato sembra già un vecchio funzionario del Carroccio tanto è viva la volontà di Italia Viva di partecipare.
Forza Italia è la più vicina,
ovvio. Forza Italia non vuole l’annessione di Salvini, si dice. Soltanto
Antonio Tajani, rimasto coordinatore unico di Forza Italia perché
fregato da Gianni Letta nella lista dei ministri, è favorevole a questa
cosa qui con la Lega di Salvini. Letta è il maestro dei sensali, è un
azionista di Forza Italia, quasi un azionista di maggioranza di Forza
Italia nel governo poiché ha portato a Draghi il foglietto con i nomi
delle ministre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. Letta è contrario.
Il senatore e avvocato Niccolò Ghedini, a cui è consentito l’accesso
nella villa di Arcore per ragioni anche di affetto e non limitate al
disbrigo delle pratiche legali, ha spesso supervisionato le trattative
di lista con la Lega discutendone aspramente con Gianni Letta.
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