La famiglia Berlusconi spinge il patto con Matteo Salvini. Obiettivo: liberarsi di Forza Italia
Pure Ghedini è contrario. E sono contrarie le ministre Carfagna, Gelmini e i parlamentari che non sopportano un epilogo salviniano
perché non considerano che Salvini non è più il Salvini degli eccessi.
Almeno a giorni alterni. Questa cosa qui, la federazione, la solita
fusione o il partito unico come lo chiama Berlusconi perché si intende
del ramo con i precedenti della Casa delle libertà oppure del Popolo
delle libertà, invece ha convinto la famiglia di Berlusconi, la figlia
Marina, il figlio Pier Silvio, lo “zio” Fedele Confalonieri, il più alto
rappresentante del partito azienda di Fininvest e Mediaset. Non perché
Letta e Ghedini siano insensibili alle logiche del partito azienda di
cui Confalonieri è l’interprete milanese e non dei palazzi romani, ma
perché Letta e Ghedini hanno nobili trascorsi nei palazzi romani che
frequentano e che Letta frequenta da mezzo secolo e in quei luoghi sanno
che Salvini è respinto.
La famiglia è stufa di sopperire alle perdite di Forza Italia,
di foraggiare con 100.000 euro a testa un partito con un terzo degli
eletti che si rifiuta di pagare l’obolo mensile, di fronteggiare un
debito che bascula attorno ai 100 milioni di euro da anni e viene
contenuto dalle fideiussioni bancarie firmate da Berlusconi e cioè dalla
famiglia e dunque dalle proprietà di famiglia. Il tesoriere e senatore
Alfredo Messina, ex Mediolanum, Mondadori e Fininvest, uomo di casa
Arcore, lunedì ha vidimato l’ultimo bilancio con i 100 inscalfibili
milioni di buco e ha avvisato subito Berlusconi e ha consultato il
senatore Adriano Galliani. Tutti esterrefatti, nessuno sorpreso.
La famiglia osserva i 100 milioni con lo spavento di chi guarda un macigno che sta per scivolare giù. Né Pier Silvio né Marina, però, sono due rampolli ingenui che pensano di disfarsi di un patrimonio politico di trent’anni e di una presa sul potere di governo che fa comodo, eccome se fa ancora comodo, alle aziende di famiglia, a Mediaset per esempio, che si trovano nella delicata condizione di conquistarsi un degno futuro dopo aver difeso il glorioso (e rocambolesco) passato. E come ammettono anche da Fininvest, Marina vuole proteggere il papà da inutili e dannose tensioni politiche e la federazione, questa cosa qui, la intriga molto. La famiglia ha compreso che è il momento di affidare Forza Italia e i propri interessi, dopo puntuali accordi, meglio se scritti, al giovane Matteo. Un tempo era Renzi, oggi è Salvini.
DENTRO IL PATTO
Quando
si incontrano Salvini o i leghisti salviniani e Confalonieri o altri
capi di Mediaset si fa a turno a chi si lamenta di più. Il presidente di
Mediaset si lamenta dei parlamentari forzisti che non saldano le quote
al partito e le incombenze ricadono su Berlusconi. E poi domanda: voi,
come fate? Nonostante i 49 milioni di euro che la Lega deve restituire
allo Stato in 80 soffici rate a tasso zero, l’esercizio 2020 ha chiuso
con un attivo di 350.000 euro. I senatori, deputati e consiglieri
leghisti pagano. Salvini e i leghisti salviniani, invece, si lamentano
del pessimo trattamento che ricevono da Mediaset.
I dati
dell’Autorità di garanzia per le comunicazioni (Agcom) danno ragione
alla lettura un po’ complottista di Salvini. Nel mese di aprile in prima
e seconda serata su Rete4, il canale dell’informazione, Fratelli
d’Italia ha ottenuto il 17 per cento del tempo di parola al pari di
Forza Italia contro il 14 della Lega. Ancora peggio a maggio: 17 per
cento a Meloni e colleghi e 11 ai leghisti. Le telefonate fra Silvio e
Matteo e l’intercessione di Marina Berlusconi e Fedele Confalonieri,
secondo i salviniani, produrranno benefici immediati: «Ci riaprono i
cancelli degli studi di Cologno Monzese».
Una premessa. È il
servizio di benvenuto che la famiglia Berlusconi offre agli amici più
intimi. Il resto prevede una collaborazione fra i gruppi che formano
un’ampia base del governo di Draghi con 115 senatori e 210 deputati. La
prima prova sarà la nomina dei consiglieri di amministrazione della Rai:
la Lega pretende più posti nei telegiornali e nei programmi. Poi ci
sono le comunali, le prossime politiche, la distribuzione dei seggi. E
in prospettiva, è palese, l’appuntamento più importante sarà a febbraio
con l’elezione del presidente della Repubblica. Ci si frequenta di più, e
meglio, finché i politici si mescolano e le esigenze pure.
Se il leghista fallisce la sua prova di maturità, se tradisce la fiducia della famiglia Berlusconi che asseconda un progetto non benedetto da Gianni Letta e da Niccolò Ghedini, non rimane che ritirarsi e consegnarsi a Fratelli d’Italia. Nel breve periodo, nei prossimi mesi, è più utile a Salvini che a Silvio: la Lega si rinvigorisce, Forza Italia si annacqua. Salvini si sottrae alla presa di Meloni, si riprende il controllo di una coalizione e si espande al centro come gli hanno suggerito di fare. Questa cosa qui, la federazione, la solita fusione o il partito unico, nel lungo periodo, nei prossimi anni, invece è la prosecuzione del berlusconismo in politica in altre forme, è l’evoluzione del partito azienda.
È la sua eredità. Custodita da Salvini. Sorvegliata da Marina e Pier Silvio.
L’ESPRESSO
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