Quei gazebo per apparati senza popolo

Con qualche necessario adattamento, la stessa regola è stata applicata a Bologna, dove Lepore, più che come candidato del gruppo dirigente del Pd, si è proposto come simbolo del “sistema”, come l’ha definito nella sua inchiesta sul campo Fabio Martini. Un sistema politico-economico-sociale articolato e fatto di meccanismi ben oliati: dal governo della città esercitato quasi ininterrottamente dal dopoguerra, alla Curia, alla rete imprenditoriale delle cooperative, lì una potenza quasi senza rivali. Poteva un organismo complesso di questo genere affidarsi alla “ribelle” Conti, messa in campo da Renzi il guastatore? Non poteva: e infatti alla brillante sindaca di San Lazzaro è stato lasciato il ruolo di valvola di sfogo di tutti i possibili dissensi: risultato interessante, il suo, una scossa al “sistema”, che tuttavia s’è salvato. Si gioca per vincere, non per partecipare.

A margine dei risultati finali, affluiti a tarda sera, qualche annotazione merita anche la partecipazione – limitata – al voto on-line. Per un partito che cerca di colmare da tempo il gap di presenza sulla rete e sui social, dove invece Lega e 5 stelle, i due vincitori del 2018 restano protagonisti, è un campanello d’allarme. Per quando si sforzi, il Pd, nel campo in cui più forte è la presenza giovanile, rimane poco presente. In conclusione, l’albero è ancora forte, ma nella chioma ha visibili macchie di giallo, e un po’ troppe foglie secche. Per essere un partito che nella sua storia recente ha voluto nel simbolo una quercia e un ulivo, non è affatto un buon segno.

LA STAMPA

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