Variante Delta in aumento, ma l’Italia sequenzia ancora troppo poco
Tracciare, sequenziare e vaccinare per limitare il più possibile la diffusione della variante Delta anche in Italia. E oggi più che mai l’analisi genomica per mappare in tempo reale le varianti e intercettare nuove mutazioni è fondamentale per adeguarsi alla lotta e capire in anticipo come si muove l’epidemia. «Con il sequenziamento possiamo disegnare la mappa delle varianti sul territorio, così da poter eventualmente ritarare il sistema di diagnosi, adeguare i vaccini, testare farmaci molecolari, intercettare cambiamenti nella patogenicità e capacità di diffusione del virus» spiega Nicola D’Alterio, direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise (IZSAM), uno dei centri che esegue più sequenziamenti in Italia.
La variante Delta
La variante Delta che tanto preoccupa è in media sotto l’1% sul territorio italiano secondo l’ultimo report dell’11 giugno, con un picco del 3% in Lazio e alcuni focolai in anche in Puglia e Lombardia. Ma nella nuova indagine che sarà pubblicata la settimana prossima è già stata vista una variazione significativa della diffusione del ceppo indiano.
Le indagini genomiche
L’Italia però sul versante delle analisi genomiche non fa ancora abbastanza ed è indietro anche nella condivisione dei dati. La soglia minima di sequenziamenti richiesta dal Centro europeo per la Prevenzione e Controllo delle Malattie (ECDC) è del 5% , soglia che la stessa agenzia di monitoraggio europea caldeggia possa salire fino al 10%. Secondo la banca dati internazionale Gisead a inizio pandemia l’Italia sequenziava lo 0,7% dei tamponi positivi, oggi siamo all’1,3% con regioni virtuose come l’Abruzzo (6.76%), l’Alto Adige (5,75%) e la Sardegna (4,92%) e regioni fanalino di coda come la Valle d’Aosta (0,09%), Basilicata (0,12%), Puglia (0,27%). Lazio e Lombardia non spiccano con 0,8%. A fare da apripista per il sequenziamento di Sars-CoV-2 è stato il Regno Unito, che oggi fa l’analisi genomica del 32,8% dei tamponi positivi. Ma il resto d’Europa, a parte qualche eccezione, non si allontana di molto dal dato italiano: Francia 1,29%, Spagna 1,46%, Svezia 1,72%. Molto meglio la Germania con il 5,82%, Belgio 5,56%, Polonia 4,88% Irlanda con il 10% .
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