In Italia un caso su quattro ha la variante indiana: il Trentino è la regione più colpita
Uno studio condotto sempre dal Phe britannico ha rivelato che il 79% dei vaccinati con una dose ha registrato una risposta neutralizzante degli anticorpi ridotta del 50% rispetto al ceppo originario, al 32% con la variante Delta e al 25% con quella Beta, l’ex sudafricana secondo il nuovo lessico “genomically correct”. In pratica con l’ex indiana in tre casi su 4 la prima dose del vaccino non impedisce il contagio e in alcuni casi guai peggiori. E c’è anche questo dietro quel “mettere il corpo” di Mario Draghi, spintosi, lui over 70, a farsi somministrare il richiamo con un vaccino diverso da AstraZeneca pur di convincere i refrattari all’eterologa che in questo momento conta soltanto chiudere il ciclo vaccinale e farlo più in fretta possibile. Perché ancora qualche giorno e quell’aumento verticale della mutazione Delta inizierà a tradursi anche in maggiori contagi e in una qualche misura in aumento di ricoveri e decessi. Il problema è che le scorte di vaccini iniziano a scarseggiare. «Stiamo finendo le scorte, con le previsioni di luglio siamo sotto del 25% per Pfizer e meno 65% di Moderna», confessa il governatore veneto Zaia, seguito a ruota dalle altre regioni. E anche qui sarà il premier a doverci mettere la faccia, facendo insieme alla commissione Ue pressing su Big Pharma affinché acceleri i motori della produzione.
LA STAMPA
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