Dal silicio al rame, prezzi alle stelle. La guerra delle materie spaventa le imprese: “Costrette a fermarci”
Un monopolio solo lievemente intaccato da Stati Uniti e Australia che oggi arrivano al 15% della produzione globale. Uno scenario tutt’altro che favorevole alla ripresa economica: «L’aumento delle materie prime, la carenza dei materiali di base e gli elevati costi di spedizione contribuiscono all’inflazione dei costi di produzione» spiega Morgane Delledonne, Capo della ricerca di Global X secondo cui le terre rare continueranno a salire perché sono «fondamentali per la produzione dei magneti utilizzati nei veicoli elettrici e nelle tecnologie pulite come le turbine eoliche». Come a dire che la transizione verde alimenterà ulteriormente il caro materie prime. Il problema è trasversale a tutti i settori: «Abbiamo difficoltà a reperire l’acciaio. Facciamo ordini che prevedono consegne a distanza di un anno, ma i prezzi sono quasi raddoppiati e non possiamo rivalerci sui nostri clienti perché i contratti sono già firmati» racconta Gabriella Bocca, ad della Lamebo di Leinì, azienda metalmeccanica che esporta in oltre cento Paesi. Francesco Nalini, ad di Carel sottolinea come le «materie prime segnino un aumento dei prezzi del 50%, mentre sui componenti elettronici il problema è il reperimento».
Carlo Alberto De Casa, analista indipendente, sintetizza: «Stiamo vivendo un piccolo boom dell’economia che si sta scontrando con la scarsità di materie prime e componenti. Se mancano i microchip possono andare in crisi diversi settori». A cominciare dall’auto con la fabbrica Seat di Martorell, in Catalogna, che ha annunciato tre giorni di chiusura per questo motivo. Di certo la crisi non sarà passeggera, la carenza di semiconduttori avrà un impatto su tutto l’anno: «Le economie e le imprese occidentali stanno rivalutando la loro dipendenza dalle catene di approvvigionamento che attraversano Paesi stranieri, il desiderio di accelerare le forniture di terre rare arriva in mezzo a una grave carenza di semiconduttori. Questo porterà a più investimenti nella progettazione e produzione di chip nei mercati nazionali» chiosa Delledonne. D’altra parte l’Ue vuole portare la sua produzione di chip al 20% dell’offerta mondiale entro il 2030. La crisi spaventa gli imprenditori: «Produciamo schede elettroniche e usiamo chip che sono diventati introvabili» dice Tiziano Ianni, presidente della Tecno System, secondo cui il problema «è dovuto alla speculazione dei grandi produttori». Sulla stessa lunghezza d’onda Giorgio Garola della Scam: «Lavoro con i metalli e sto provando a mantenere delle forniture europee ma faccio fatica. Questa situazione sta influendo sui costi e sui tempi di consegna dei prodotti. Non riusciamo a rientrare nelle spese».
LA STAMPA
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