Ma non è colpa del Vaticano
Piergiorgio Odifreddi
Rispondendo all’intervento del Vaticano sulla legge Zan, il presidente del Consiglio ha dichiarato che «lo stato Italiano è laico e il Parlamento è libero», e i parroci di strada hanno accusato una manina di aver agito all’insaputa del papa. In realtà, il Vaticano ha semplicemente sollevato un dubbio di incostituzionalità, com’è nel suo pieno diritto, confermato implicitamente da Draghi. L’articolo 7 della Costituzione stabilisce infatti che i rapporti fra Stato e Chiesa siano regolati dal Concordato ereditato dal fascismo.
Non bisogna dunque prendersela con il Vaticano che rivendica l’attuazione di quei patti, ma con coloro che dapprima li hanno voluti, da Mussolini a Togliatti, e in seguito li hanno mantenuti. Cioè, con tutti i nostri leader politici, nessuno dei quali ha mai chiesto una revisione costituzionale o una denuncia unilaterale di quell’anacronismo: meno che mai gli ex democristiani come Renzi e Letta, o gli ex allievi dei preti come Conte e Draghi. Quanto al papa, solo gli ingenui e i disinformati possono non sapere che il suo “progressismo” è una leggenda mediatica, e che quand’era in Argentina intervenne ben più pesantemente di ora contro i matrimoni civili, con toni definiti allora “medievali e inquisitori”.
Il Vaticano si preoccupa che la legge Zan possa obbligare le scuole a insegnare l’identità di genere, e paradossalmente non ha tutti i torti: quest’ultima, infatti, viene definita nell’Articolo 1 della legge come “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso”. La legge decreterebbe in tal modo una cesura tra la percezione psicologica di un individuo e la sua realtà fisiologica: la prima dev’essere naturalmente tutelata e difesa, perché ciascuno ha diritto di avere le opinioni e i sentimenti che desidera, ma la seconda non può semplicemente essere negata o rimossa, perché anche i fatti hanno i loro diritti. Per fare un altro esempio, di cui si può forse parlare più serenamente, tutti conoscono il detto di Thomas Mann nei Buddenbrook: “si ha l’età che si sente di avere”. Ora, nessuno si sogna di negare a un ottantenne il diritto di sentirsi un ventenne, o viceversa, ma questo non significa che allora dobbiamo tutti dire, o addirittura insegnare nelle scuole, che non esistono l’età biologica o il tempo, e che non possiamo misurarli. Eppure, è proprio questo che i post-moderni predicano da decenni, all’insegna del motto di Nietzsche: “non ci sono fatti, solo interpretazioni”. E non è un caso che gli scienziati si secchino, perché sanno che invece i fatti ci sono eccome, e che le interpretazioni non vanno affatto tutte bene, se li negano o li rimuovono.
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