Giustizia, Ermini: «Ora il Parlamento deve fare la riforma o è inutile che la politica si lamenti delle toghe»

Sul caso Palamara c’è chi pensa che la sua radiazione con un processo-lampo sia stato un modo per fingere di risolvere il problema, senza procedere oltre.
«Non è vero. A quel processo non ho partecipato e non posso parlarne, ma ce ne sono in corso molti altri, così come le procedure per incompatibilità ambientale. Del resto la giustizia disciplinare dei magistrati è l’unica totalmente trasparente, le udienze si svolgono in diretta radiofonica salvo casi particolari, quale altra categoria si muove con queste regole? In ogni caso, ripeto, le degenerazioni delle correnti e del carrierismo sono esplose in questa consiliatura ma vengono da lontano. Per questo dico che noi siamo un Consiglio di transizione in attesa delle riforme, che però spettano al Parlamento».

Qual è a suo parere la più urgente?
«Quella del Csm è improcrastinabile, tra un anno bisognerà rinnovarlo e sarebbe impensabile andare al voto senza cambiare la legge elettorale che è la principale causa dei condizionamenti correntizi. La ministra Cartabia sta facendo un grande lavoro in questo campo, la commissione da lei nominata ha fatto le sue proposte e ora vediamo che cosa uscirà, così come sulle riforme del processo penale e civile. C’è l’impegno a concludere l’iter entro la fine dell’anno, e dev’essere rispettato».

Lei, come i suoi predecessori, è stato eletto vicepresidente dal «sistema delle correnti». Spera di essere l’ultimo scelto con quel metodo?
«Premesso che è la stessa Costituzione a prevedere che la scelta del vicepresidente sia frutto di un accordo tra magistratura e politica, visto che dev’essere nominato un “laico” eletto dal Parlamento dalla maggioranza dei componenti togati eletti dai magistrati, condivido l’ipotesi di modificare la Costituzione affidando la scelta al capo dello Stato che presiede il Csm, purché avvenga tra i consiglieri individuati dal Parlamento».

Ha fiducia che il Parlamento faccia le necessarie riforme sulla giustizia?
«Deve farle, altrimenti è inutile lamentarsi della crisi di credibilità della magistratura. Le riforme rappresentano l’altra strada obbligata per restituire ai cittadini un po’ di fiducia nell’istituzione. Faccio un appello al Parlamento perché segua la via indicata dal presidente Mattarella e dalla ministra Cartabia, mettendo da parte le divisioni e trovando le intese necessarie a riforme condivise. La giustizia non dovrebbe essere più argomento da campagna elettorale».

Pare che stia per avvenire il contrario, con la campagna referendaria promossa da Lega e radicali. Lei è favorevole o contrario?
«Ritengo che un lavoro parlamentare fatto con la seria intenzione di varare buone riforme sia più rapido ed efficace del percorso referendario, che inevitabilmente dividerebbe il Paese. Se c’è la volontà le soluzioni condivise si trovano, anche sui temi più divisivi».

CORRIERE.IT

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