Oltre l’arcobaleno

MATTIA FELTRI

Mettiamola così: il nostro dibattito pubblico non vive momenti di straordinaria ricchezza e complessità. La dialettica quotidiana segue tesi e antitesi che non mi sentirei di definire vertiginose: buono/cattivo, bello/brutto, ti adoro/vaffanculo.

Da un paio di giorni, per esempio, gli appassionati trasecolano alla conversione etica di Alessandra Mussolini, vestita d’arcobaleno a fiancheggiare la legge Zan contro l’omotransfobia, e ancora più in là: si consenta l’adozione alle coppie omosessuali affinché l’amore prevalga, ha aggiunto. E com’è possibile, con quel cognome, quella genetica, quella storia, quella fama? Eppure ricordavo – oltre una rissa di ringhiera con Vladimir Luxuria a Porta a porta, in cui poté più l’indole rusticana di quella fascista – una Mussolini tutta mia, ormai ignota al mondo.

Ma per fortuna condividevo il ricordo con gli archivi: «Credo che un omosessuale possa dare generosità, amore, affetto, un’istruzione, un’educazione al figlio allo stesso modo di un eterosessuale» (parlando delle adozioni, gennaio 1995). «Bisogna riflettere sulla violenza di considerare i gay depravati o nocivi, attribuendogli un marchio d’infamia» (agosto 2003, rivolta alla Chiesa). «Aderisco convintamente alla fiaccolata di questa sera contro razzismo e omofobia» (settembre 2009). «Concedere diritti civili alle coppie di fatto, anche omosessuali, costituisce un atto di grande civiltà che il Parlamento dovrà saper cogliere» (febbraio 2013). Se di conversione si tratta, è una conversione abbastanza antica ma si sa che la memoria, oltre a essere faticosa, rovina il conforto del pregiudizio.

LA STAMPA

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