Berlusconi: «Il centrodestro unito potrebbe chiamarsi Cdu»
Presidente Berlusconi, il partito unico del centrodestra, secondo lei, diverrà realtà prima della fine dell’anno?
«Per
la verità nessuno ha mai parlato della fine dell’anno. Come orizzonte
temporale realistico ho indicato le elezioni del 2023. Nel frattempo,
ovviamente, Forza Italia va avanti
— fin dalle prossime amministrative — con il suo simbolo, con le sue
bandiere, con le sue liste. I nostri ministri e i nostri parlamentari
continuano l’ottimo lavoro che stanno svolgendo. È grazie all’apporto di
idee di Forza Italia che il governo sta ottenendo i suoi migliori
risultati. Il partito unico non è una “fusione fredda” imposta dall’alto,
che si possa realizzare in poche settimane. Anzi, dobbiamo fare il
contrario: un grande lavoro che coinvolga i militanti, gli eletti e
soprattutto l’opinione pubblica di centrodestra, le categorie, donne e
uomini della società civile vicini alle idee, ai valori e ai legittimi
interessi che noi rappresentiamo. Solo così, da un grande lavoro sulle idee, sui programmi e sulle regole,
può nascere per gradi un’aggregazione nella quale le diverse
soggettività siano esaltate, non annullate. Negli Stati Uniti il Partito
Repubblicano e quello Democratico ospitano al loro interno sensibilità
diverse. Donald Trump ha una cultura e un linguaggio molto diversi dal
mio amico George Bush, il presidente Biden esprime una linea molto
differente da Bernie Sanders o da Alexandria Ocasio-Cortez».
Le voci che danno lei come possibile presidente e Salvini come segretario indicano una strada percorribile?
«Questo è davvero l’ultimo dei problemi. Significa partire dalla fine del processo e non dall’inizio. Tenga comunque conto che la mia proposta è rivolta sia a Matteo Salvini che a Giorgia Meloni e alle altre forze di centrodestra».
Il Centrodestra italiano è un buon nome?
«Ha
il pregio della chiarezza, e il richiamo all’Italia, il Paese che
amiamo, mi pare utile. Non mi dispiace neppure Centrodestra Unito, la
cui sigla, Cdu, avrebbe il pregio di richiamare quello che per noi è un
modello di riferimento, i nostri partner tedeschi nel Partito popolare
europeo. Il centro-destra ha bisogno di un forte aggancio ai principi liberali, cristiani, europeisti, garantisti che noi di Forza Italia rappresentiamo. Sono i valori del Ppe, ai quali non rinunceremo mai. Del resto, i partiti espressione del Ppe stanno tornando a vincere in tutt’Europa, proprio ieri in Francia alle regionali, poche settimane fa a Madrid e in Germania, presto accadrà anche in Italia».
Lavorate per togliere problemi al governo Draghi e semplificare il quadro politico. Ma Giorgia Meloni rimane fuori.
«Rispetto anche se non condivido la scelta nei nostri amici di Fratelli d’Italia, che comunque saranno come sempre con noi alle prossime elezioni amministrative. Del resto dall’opposizione spesso manifestano sensibilità simili alle nostre».
Forza Italia sosterrà la campagna referendaria promossa dai radicali, dall’Udc e da Matteo Salvini sulla giustizia?
«La
riforma della giustizia è certamente, come quella del fisco e quella
della burocrazia, una delle condizioni necessarie per far ripartire il
Paese. Per questo stiamo lavorando attivamente in seno al governo con il
presidente Draghi e il ministro Cartabia. I referendum, che riprendono
temi da noi sempre sostenuti, possono essere un’utile sollecitazione al
Governo e Parlamento per la riforma. In questo spirito, il nostro
coordinatore Antonio Tajani ha dato indicazione agli azzurri di
partecipare alla raccolta di firme».
Mercoledì scade il provvedimento sul blocco dei licenziamenti. Lei è favorevole a una proroga?
«Ovviamente non si può rischiare di lasciare da un giorno all’altro per strada migliaia di lavoratori e di famiglie.
Ma non si poteva neppure pensare di risolvere il problema
disoccupazione solo con il rinvio indiscriminato del blocco dei
licenziamenti. Credo che la «cabina di regia» abbia adottato una
soluzione equilibrata. Ora serve una vera strategia per l’occupazione e
per la tutela dei lavoratori: da un lato lo stanziamento di risorse per
un rafforzato sistema di ammortizzatori sociali, per la formazione, per
la digitalizzazione, dall’altro ridare al sistema delle imprese la
possibilità di tornare a fare utili e quindi a conservare ed anzi
allargare l’occupazione. Questo si ottiene con la riforma fiscale che
noi abbiamo proposto, che taglia in modo importante le aliquote e lascia
più risorse a famiglie e imprese, di conseguenza fa ripartire consumi e
investimenti e con essi l’occupazione».
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