Salvini: “Noi i garanti della stabilità del governo, dico no al partito unico del centrodestra”
Resta la sensazione che continuiate a essere un po’ di lotta, oltre che di governo…
«Noi
siamo al governo. Ma abbiamo i nostri valori e principi. È chiaro che
non sarà questo il governo che approva la flat tax, ma servirà un
prossimo governo più omogeneo, auspicabilmente di centrodestra. Ora
affrontiamo la riforma fiscale, magari per discutere di revisione
dell’iva e di scaglioni Irpef».
Anche la questione dei migranti sembra rimasta un po’ sullo sfondo, o no?
«Draghi
quantomeno ha messo in agenda il tema a Bruxelles, ha riportato sui
tavoli internazionali la discussione, che con Conte era scomparsa».
Meloni, però, ha detto che l’ultimo vertice di Bruxelles è stato un fallimento…
«Draghi
è andato in Libia, ha incontrato il premier tunisino, ha riportato il
tema sul tavolo. Poi è ovvio che Francia e Germania, che vanno al voto
nei prossimi mesi, non diranno mai “facciamo noi”. Ora tocca al ministro
dell’Interno».
Lamorgese non vi è simpatica, vero?
«Non
è questione di simpatia, lascio parlare i dati: quest’anno, rispetto
allo scorso, da 6mila sbarchi siamo passati a 20mila. Spero che questi
numeri non vadano avanti per tutta l’estate».
E Speranza?
«Spero
che il ministero della Salute abbia sempre meno peso nei mesi a venire,
perché ci staremo occupando di altro. Conto che il prossimo autunno sia
sereno, senza ricadute negative per la scuola e l’università».
Sulla legge Zan vi siete poi sentiti con Letta?
«Mi
ha mandato un messaggio. Gli ho detto che, se ci troviamo e togliamo i
punti delicati e controversi anche secondo la Santa Sede, arriviamo a un
accordo. Non capisco perché si voglia portare l’ideologia in una
questione che riguarda le persone: io sono per la libertà di amore, ma
senza censura per chi ha un’idea di famiglia di un certo tipo e senza
portare certi temi sui banchi di scuola dei bambini di 6 anni».
Letta cosa le ha risposto?
«Che
ci vediamo in Parlamento. Posso capire che non dia retta a me, meno che
non ascolti il Papa. E’ meglio se ci mettiamo d’accordo prima, non
vorrei che alla fine questa legge venga affossata, perché il segretario
del Pd continua dire “o come dico io o niente”».
A proposito di accordo, la cabina di regia l’ha trovato sul tema spinoso dei licenziamenti: vi sta bene?
«E’
una buona mediazione, con il giusto equilibrio. Non si poteva sbloccare
tutto subito, perché ci sono settori che soffrono, come il tessile. Ma
non si poteva nemmeno rinviare tutto all’autunno, perché altri settori,
come l’edilizia, hanno bisogno di correre e assumere. Mi pare che il
compromesso sia positivo».
Voi lavorate dentro al governo, Meloni sta all’opposizione e cresce nei sondaggi. Preoccupato?
«Non
sarei entrato al governo se avessi queste preoccupazioni, mi interessa
quello che faccio per l’Italia. L’unico sondaggio che conta è quello che
ci sarà a marzo 2023, fino a quel momento ci sta tutto. Comunque, il
mio avversario è Letta e la sinistra, se il centrodestra si rafforza io
sono contento, basta che gli altri stanno dietro».
Quindi va bene anche se Meloni prende più voti e diventa premier?
«Mi
fa piacere che Giorgia cresca nei sondaggi, i punti vanno e vengono, ci
sono dieci sondaggi diversi, in uno stava persino avanti il Pd. Io
spero di vincere le elezioni e governare con una maggioranza omogenea:
il partito della coalizione che prenderà più voti esprimerà il premier,
ci sarà spazio per tutti».
Il partito unico del centrodestra è un progetto archiviato?
«Non
è all’ordine del giorno, come la vittoria della Champions da parte del
Milan, di certo non l’anno prossimo. Il partito unico non è una cosa che
nasce a tavolino o in laboratorio. Partiamo dalla collaborazione sui
temi, dalla giustizia al fisco. Proporrò a Berlusconi una carta dei
valori condivisi, da sottoporre a chi ci sta: libertà d’impresa,
famiglia, innovazione, ambiente».
La destra e il sovranismo vivono una fase di risacca in Europa: come valuta la sconfitta di Le Pen in Francia?
«Del voto francese mi ha sconvolto soprattutto
l’astensione, con quei numeri chiunque vinca non ha davvero vinto.
Comunque, se non ha vinto Le Pen, di certo nemmeno il presidente Macron.
In Italia spero non avvenga nulla di simile alle prossime
amministrative di ottobre, serve una grande partecipazione».
L’impressione è che voi non vogliate vincerle, le elezioni, presentando candidati sconosciuti…
«Non
è così, non serve mica un calciatore o un cantante, il Pd ha scelto
ministri trombati: il confronto sarà tra candidati del centrodestra
unito e altri candidati divisi. Ci saranno i ballottaggi, spero non a
Torino dove con Damilano possiamo vincere al primo turno, e vedremo. I
candidati li faremo conoscere, l’importante sono i progetti che ci sono
dietro».
Zingaretti ha detto che vincono loro 5-0. Il suo pronostico?
«Non ne faccio. Di certo, partiamo da un 5-0 per loro, ma sicuramente non finirà 5-0».
Torniamo all’evoluzione del pensiero salviniano dal 2018 a oggi. Non si sente più sovranista?
«Certe
etichette non contano più, per me il Covid ha cambiato l’ordine delle
priorità, a 48 anni non avevo mai vissuto una cosa del genere.
L’evoluzione fa parte della vita, del percorso di ogni uomo».
Quindi ora è europeista e atlantista?
«Europeista
nel senso che siamo e rimaniamo in Europa, anche se alcune regole vanno
cambiate: è impossibile pensare che tra un anno torna in vigore il
patto di stabilità, tornare ai tagli pre-Covid non è europeismo ma è
cretinismo. E la Lega è assolutamente atlantica, a prescindere dai
presidenti. Sono per libertà e democrazia, che fanno rima con
Occidente».
Durante una visita in Russia aveva detto che Mosca è più sicura, si è ricreduto?
«Mi riferivo alla metropolitana, ci è mai stato? Pulita e sicura».
Bellissima, ma lei parlava di geopolitca: tra Russia e Stati Uniti chi sceglie?
«Gli
Stati Uniti, ma ritengo che si debbano avere buone relazioni economiche
e commerciali con la Russia e sia intelligente fare lo stesso con la
Cina. Se voglio governare questo Paese devo dialogare con tutti, dalla
Turchia all’Egitto. Ho qualche dubbio solo sull’Iran, che vuole
cancellare lo Stato di Israele».
E
sulla tanto criticata legge anti Lgbt del suo amico Orban cosa dice? Ha
fatto bene Draghi a firmare con altri Paesi europei una lettera di
condanna?
«Se ha firmato avrà avuto i suoi
motivi per farlo. Io ci vado cauto, penso che sui programmi scolastici
ogni Paese abbia il diritto di normare come crede. Come, del resto, la
Polonia sulla giustizia. Discriminare per l’orientamento sessuale nel
2021 è una roba da idioti. Ma pensare che un bambino, per venire al
mondo, debba avere una mamma e un papà non è discriminazione».
In tema di razzismo, gli azzurri di Mancini si devono inginocchiare in campo?
«Spero
si inginocchino spesso dopo aver segnato, per il resto facciano quello
che vogliono: non mi pare il caso di fare un processo a questi ragazzi.
Mancini ha un bel collettivo, mi auguro arrivino lontano».
E invece al Quirinale chi ci arriva?
«La
corsa per il colle è lontana, mancano parecchi mesi. Io sarei
favorevole all’elezione diretta del capo dello Stato e anche del
premier. Mi hanno chiesto se Draghi o Berlusconi avrebbero il mio
sostegno e ho risposto di sì, ma spero solo che sarà un presidente che
unisce, visto che all’interno del Pd ci sono già 7-8 candidati».
I maligni nel centrodestra dicono che lei agiti davanti a Berlusconi la candidatura al Colle per portarlo dalla sua parte…
«Lo fate troppo ingenuo, se lo fosse non avrebbe fatto tutto quello che ha fatto nella sua vita. Non è così, non ho miei candidati e poi febbraio è lontano. Pensiamo al lavoro e ai fondi europei, perché agli italiani interessa questo».
LA STAMPA
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