Daniele Franco: «Prematura in Europa una stretta di bilancio ora, ma i debiti dovranno scendere»

«Il primo pilastro riguarda le regole di ripartizione dei profitti; queste si applicheranno a tutte le multinazionali con un fatturato globale significativo e un’elevata redditività, indipendentemente dal settore. Il campo di applicazione include le aziende digitali, ma non solo loro. Le soglie di fatturato e di redditività sono ancora in discussione. Non siamo lontani da un accordo. I profitti saranno ridistribuiti sulla base di un nuovo nesso con le giurisdizioni dove effettivamente le multinazionali conseguono ricavi dalla vendita di beni e servizi. Una questione importante per le multinazionali è la certezza fiscale. Dobbiamo introdurre nuovi meccanismi di prevenzione e risoluzione delle controversie, che impediscano la doppia imposizione. Per quanto riguarda il secondo pilastro, le nuove regole sono pensate per garantire che le multinazionali siano soggette a un livello minimo di imposizione in ogni giurisdizione in cui operano. E non dovrebbe essere ad un livello troppo basso. In ambito Ocse e G20 non vogliamo un livellamento verso il basso delle aliquote minime. Gli Stati Uniti hanno proposto un’aliquota minima effettiva di almeno il 15%. A Venezia, il dialogo continuerà.

E Amazon?

«Vedremo. Non è utile fare nomi di aziende adesso».

In Europa Italia, Spagna e Francia hanno delle «web tax» e rischiano di perdere entrate con la «global minimum tax». Poi abbiamo centri off-shore come Irlanda o Olanda. Una volta fatto l’accordo del G20, come si può far sì che tutta Europa si adatti?

«La dimensione dell’Unione europea è importante per un accordo mondiale. Nella Ue ci sono approcci diversi, ma non credo che l’Unione sarà divisa su questo. Direi piuttosto che è fondamentale il sostegno reciproco, in modo da non perdere l’occasione di trovare un accordo globale. Per quanto riguarda le “web tax” nazionali, saranno abrogate una volta che i nuovi pilastri saranno pienamente applicati nei prossimi anni. Questi aspetti verranno definiti in ottobre, con il nostro secondo ciclo di discussioni nel G20. Non vedo il rischio di perdere entrate fiscali». L’intervista integrale

L’Europa e l’economia globale stanno registrando una crescita più forte e un’inflazione più alta del previsto nel 2021. È un rimbalzo post-recessione o l’inizio di una ripresa sostenuta con rischi al rialzo sui prezzi?

«Il balzo dell’inflazione che vediamo soprattutto negli Stati Uniti sembra in parte dovuto a fattori transitori. Questi derivano principalmente dal rimbalzo nei prezzi dell’energia e delle materie prime dopo i minimi durante la pandemia e dalla carenza di componenti intermedi come i semiconduttori. Se si guarda oltre l’immediato, credo che le politiche monetarie e fiscali accomodanti, l’aumento degli investimenti pubblici e i cambiamenti nelle catene globali del valore porteranno probabilmente a un’inflazione di fondo più elevata. Ma stiamo partendo da livelli molto bassi, che le banche centrali cercano da tempo di far salire. L’aumento sarà moderato e soddisferà l’obiettivo dei policymaker di aumentare la crescita del Pil nominale. Credo che nell’area dell’euro siamo sulla buona strada, ma dovremmo monitorare attentamente l’andamento di prezzi e salari per verificare che la ripresa dell’inflazione resti moderata».

Il G20 Finanze raccomanderà di mantenere il sostegno di bilancio agli attuali livelli?

«Non posso anticipare la dichiarazione del G20, ci stiamo lavorando. Ma dal più recente comunicato del G7 si vede che c’è consenso sul fatto che le politiche monetarie e di bilancio debbano restare accomodanti per tutto il tempo necessario ad alleviare le conseguenze sociali della pandemia, riportare il Pil e l’occupazione ai livelli pre-crisi e a tornare sulle traiettorie di crescita di prima della crisi. Le prospettive economiche globali stanno migliorando, in particolare in alcuni Paesi avanzati. Eppure la ripresa resta molto disomogenea. Alcuni Paesi emergenti e la maggior parte dei paesi a basso reddito sono in ritardo, perché i tassi di contagio restano preoccupanti e il rischio di nuove varianti è reale. Quindi le situazioni sono diverse, non c’è una soluzione unica per tutti. Ma possiamo concordare sull’idea che, man mano che la situazione epidemica migliora, il sostegno delle politiche di bilancio dovrebbe spostarsi dalla reazione immediata alla crisi al sostegno alla crescita. Un approccio coordinato è della massima importanza. Ovviamente, a un certo punto in futuro i livelli di disavanzo dovranno essere ridotti, e anche i livelli di incidenza del debito sul prodotto dovranno tornare a scendere significativamente e gradualmente. Una politica di bilancio prudente nel medio termine, insieme alla crescita, permetterà ai nostri Paesi di ridurre il debito in proporzione al Pil. Su questo siamo tutti d’accordo, credo, ma l’attenzione ora va ancora all’uscita da questa recessione e a come sostenere le nostre economie fino a quando non saremo in sicurezza».

Come spiegherebbe tutto questo ai non addetti ai lavori?

«La politica economica dovrebbe diventare sempre più mirata a sostenere settori, categorie, famiglie o cittadini in difficoltà. Dovremmo diventare sempre più selettivi, per poi concentrarci su quegli strumenti che ci permetteranno di crescere a un ritmo stabile dopo la pandemia. Dobbiamo raggiungere un tasso di crescita continuo e significativo, dopo aver eliminato gradualmente le politiche introdotte durante l’emergenza».

L’area euro reintrodurrà le regole di bilancio entro il 2023. Il Patto di Stabilità va modificato prima? E come?

«Siamo a favore dell’estensione della clausola di sospensione generale delle regole al 2022. E siamo per la riapertura di un dibattito sulla riforma delle regole di bilancio dell’Ue, dalla seconda metà di quest’anno. Penso che nei prossimi trimestri dovremmo evitare una stretta prematura della politica di bilancio in Europa che rischierebbe di inficiare l’impulso alla crescita indotto da Next Generation EU. Prima di intraprendere un graduale processo di risanamento, dobbiamo tornare alle tendenze di prima della crisi in termini di traiettoria di crescita del Pil reale, non solo tornare al livello di Pil di prima della crisi. E credo che le nuove regole debbano evitare effetti pro-ciclici nella politica fiscale. Dovrebbero anche essere disegnate in modo che siano ragionevolmente semplici da gestire e far rispettare. Vale anche la pena considerare un sistema che i governi e i cittadini dei vari Paesi sentano come proprie, comprese le misure necessarie al suo rispetto. Confido che troveremo una soluzione».

Ci saranno regole diverse per i Paesi più indebitati?

«Le regole dovrebbero applicarsi a tutti, quindi penso che saranno omogenee. Ovviamente i Paesi ad alto debito dovrebbero ridurre il rapporto fra debito e Pil».

Il candidato della CDU tedesca Armin Laschet ha detto che «la festa è finita» e dobbiamo tornare a regole di bilancio forti; il ministro delle finanze austriaco Gernot Blümel, che per lui è «immorale» per i Paesi ignorare le regole e poi chiedere solidarietà. In Europa tornano le divisioni fra Nord e Sud?

«In un’unione monetaria le regole sono necessarie. Nessun Paese dovrebbe ignorarle e poi chiedere solidarietà. L’emergenza che abbiamo affrontato nella pandemia è stata senza precedenti, sospendere le regole è stato giusto. Quando finalmente supereremo la crisi, saranno ripristinate. E discuteremo se le regole saranno le stesse di prima o andranno modificate».

Italia o Spagna saranno in grado di beneficiare del Recovery Plan e di introdurre le riforme necessarie? Se fallissero, quali sarebbero le conseguenze per l’Unione europea?

«Ho fiducia che useremo bene i fondi. Questo è il nostro impegno. Riguarda sia i progetti d’investimento che le riforme. È la nostra priorità. Il successo sarà importante per i nostri Paesi e per l’Unione europea nel suo insieme».

Qui la versione integrale dell’intervista.

Qui la versione in inglese dell’intervista.

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