Cacciari: “Quelle di Salvini sono mosse elettorali E sul ddl Zan vedo tattica, pochi valori”

Francesca Schianchi Roma

Ci sono due chiavi di lettura della Carta dei valori europei firmata da Matteo Salvini insieme a Giorgia Meloni. Una rivolta all’esterno, spiega il professor Massimo Cacciari, «un gioco politico-strategico» delle destre per cercare di contare di più in vista dei futuri assetti europei, dinanzi alle «sinistre che versano in uno stato pietoso», e una rivolta all’interno, «un gioco tattico-elettorale» del capo leghista per fare concorrenza all’agguerrita leader di Fratelli d’Italia. Un episodio che però, valuta il filosofo, non scalfirà il governo: «Basta che Draghi non ne tenga alcun conto». All’ombra di una maggioranza così ampia, sono in corso tentativi di posizionamento di «forze politiche con gruppi dirigenti debolissimi e senza radicamento sociale», come denuncia che stia avvenendo sul ddl Zan e come avverrà nel semestre bianco che sta per aprirsi. Ma, prevede Cacciari, non sarà un problema per la navigazione dell’esecutivo: la vera partita sarà all’inizio dell’anno prossimo, con l’elezione del presidente della Repubblica.

Professore, che impressione le ha fatto questa Dichiarazione sul futuro dell’Europa firmata da 16 partiti europei?

«È un incredibile pasticcio reazionario. Ma anche quando le espressioni sono così misere, occultano problemi reali: l’impotenza crescente della forma Stato e delle nostre democrazie in questo momento, il loro indebolimento rispetto a potenze imperiali vecchie e nuove. Ma è assurdo discuterne dal punto di vista dei principi, va discusso dal punto di vista politico». Che significato ha dal punto di vista politico?

«C’è una dimensione europea: queste forze politiche hanno bisogno di controbilanciare la potenza democratico-popolare. Mirano a consolidarsi in vista dei cambi alla guida degli organismi europei e per farlo devono coalizzarsi. E questo disegno europeo si sarebbe già realizzato qualche anno fa, se non fosse stata possibile una coalizione tra popolari e socialisti. Con il centrosinistra europeo nelle condizioni in cui versa, il pericolo di un nuovo governo europeo di centrodestra è reale».

Poi però c’è una lettura di politica interna, con Salvini che sta nel governo europeista di Draghi ma firma quella Dichiarazione…

«Salvini deve contrastare la Meloni e evitare di lasciarle la leadership del centrodestra».

Una scelta quindi strettamente legata alla competizione interna con Fratelli d’Italia?

«È inevitabile. Giorgia Meloni gode di una rendita di opposizione, e obbliga Salvini a tallonarla sul terreno della destra. Non credo nemmeno che Salvini abbia firmato volentieri quel documento».

Giorgetti dicendo sabato che nemmeno aveva letto il testo non dava l’idea di essere molto partecipe della scelta.

«Ma nessuno nella Lega ha protestato, perché capiscono che di fronte alla crescita della Meloni questo gioco è inevitabile».

Letta ha fatto presente che non è compatibile stare con Orban in Europa e con Draghi in Italia: non è d’accordo?

«Ma Letta pensi ai cavoli suoi! Se non gli sta bene stare al governo con un sovranista esca lui dal governo».

E per Draghi non è un problema questo doppio registro?

«Per Draghi è tollerabile tutto: fosse stato per lui, ci sarebbe anche la Meloni al governo. Tutto questo non crea nessuna tensione al governo: basta che Draghi non ne tenga alcun conto».

Lei ci ha mai creduto a una svolta europeista di Salvini?

«Non è una svolta. Tutto dipende dalla fissazione sul personaggio, ma quel che conta sono le strutture: la struttura amministrativa della Lega non è mai stata sovranista. Poi ha trovato un leader che ha portato grandi risultati perché ha capito che a destra c’erano le praterie. Non ci può essere in un grande Paese come l’Italia un governo con gli Orban, e lo sa anche Salvini: ma il suo problema è prendere anche quel settore reazionario. Altrimenti, se la prossima volta la Meloni prende più voti di Salvini, come fanno a non dare a lei la possibilità di formare un governo?».

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