Giustizia, Paolo Mieli: “Sì al referendum o niente cambierà”, il giornalista al fianco di Salvini
Questa personalità sembra esserci già…
«Draghi? Non so, l’identikit verrà fuori dopo l’elezione del presidente della Repubblica, che peraltro potrebbe incoronare proprio Draghi. A quel punto, qualcuno lo sostituirà a Palazzo Chigi, e quello potrebbe essere il candidato del futuro centrodestra».
Affascinante, ma torniamo alla giustizia: oltre al Pd, chi rema contro la riforma?
«Mi stupisco che giornali così attenti al tema giustizia abbiano ignorato l’audizione di Palamara in Parlamento, che il Pd ha osteggiato fino all’ultimo. L’ex capo dell’Associazione Magistrati ha detto cose clamorose, ha spiegato nel dettaglio le logiche correntizie che hanno portato alla bocciatura per ruoli di primo piano di idoli dei giustizialisti come Di Matteo e Gratteri a favore di toghe meno conosciute ma meglio appoggiate politicamente».
Come te lo spieghi: soggezione dei giornali verso la magistratura?
«Direi piuttosto che, dal 1992, le procure sono abbastanza generose nell’offrire aiuto alle ricerche giornalistiche in tema giudiziario. Solo un pazzo le attaccherebbe, facendo il nostro mestiere».
Non c’è piuttosto un patto di ferro tra toghe rosse e giornali indipendenti che però prediligono la sinistra?
«In passato si poteva parlare di militanza e di un asse attivo tra procure e redazioni. Oggi però i magistrati sono così malmessi come immagine che è dura anche per i giornalisti aiutarli. L’unico modo possibile è omettere, non raccontare, come nel caso dell’audizione di Palamara o come nella vicenda di Amara e della loggia Ungheria, pietosamente scivolata fuori dalle cronache».
Si spengono i riflettori e tutto va avanti come prima?
«Quest’ anno sono accadute cose clamorose. Magistrati indagati, Davigo che confida segreti nella tromba delle scale alla Commissione Antimafia, monumenti del giustizialismo abbattuti, membri del Csm che perdono la reputazione. Eppure ci si avvia e eleggere i capi delle Procure di Roma e Milano nell’indifferenza mediatica, malgrado questo avvenga con le medesime logiche correntizie che hanno scandalizzato tutti».
Non può essere solo colpa dei giornalisti…
«Ci sono cose clamorose che solo dallo Stato italiano non vengono viste».
Alludi al mancato intervento di Mattarella?
«No, il capo dello Stato non aveva i poteri per sciogliere il Csm. È tutta la macchina dirigente dello Stato che si sta voltando dall’altra parte».
Quando Draghi si insediò tu lo avvertisti: “Attento ai pm”. Rischia anche lui?
«Per adesso no, visto che ancora non si è avventurato sul terreno giustizia».
Adesso però che arriva la riforma Cartabia…
«Molto dipenderà da cosa ci sarà dentro alla riforma Cartabia».
Qualche consiglio non richiesto?
«C’è una spia che mi inquieta. Draghi ha cambiato i ministri più importanti, il capo dei Servizi Segreti, il commissario Arcuri, tutti i principali uomini del governo giallorosso, è un mago, raccoglie consensi sulla pandemia e l’economia, ma sulla Rai traccheggia, perde settimane preziose, fa il democristiano prudente, non si faccia consigliare oltre di aspettare».
Cosa c’entra la Rai con la giustizia?
«Sono entrambi centri di potere vero. Se li tocchi, ti conviene prima consultarti con Biden o la Von der Leyen. In Italia è più facile cambiare il capo della Protezione Civile che un caporedattore del Tg3».
Abbiamo trovato anche il punto debole di SuperMario…
«Ritardare le scelte in Rai è stato un errore gravissimo, una furbizia che sarà pagata a caro prezzo, soprattutto se i grillini si spaccheranno e partirà una guerra per bande. E anche la giustizia… Se la tocchi, meglio coprirti le spalle con i referendum; e comunque devi prepararti a pagare un prezzo anche qui…».
Se però non ora, che la credibilità dei giudici è rasoterra, quando?
«In effetti si sta sviluppando nei confronti della magistratura quel sentimento di rancore e intolleranza che nel 2006 venne innescato dal libro “La Casta” di Rizzo e Stella nei confronti della politica. Lo pubblicai sul Corriere della Sera e da allora mi dicono che ci sono io all’origine della nascita di M5S. Oggi a svuotare le librerie c’è “Il Sistema“, di Palamara e Sallusti: stavolta non incolpate me se verrà fuori un movimento antigiustizialista, perché i suoi sintomi sono evidenti, come lo erano quelli dell’anti-casta».
Cosa c’è all’origine della rabbia nei confronti delle toghe?
«Credo che lo spettacolo delle toghe che si fanno la guerra tra loro abbia deluso molti che credevano nella giustizia. Cosa avranno pensato i lettori del Fatto Quotidiano, che ha a lungo esaltato Di Matteo, quando hanno scoperto che il ministro Bonafede lo ha scaricato? Ma è solo un esempio…».
Non è possibile anche che fin quando Berlusconi era potente l’offensiva delle toghe contro di lui abbia distratto gli italiani dai mali della giustizia e dai difetti dei giudici, svelatisi poi improvvisamente una volta deposto per sentenza il Cav?
«Questo può essere vero. E aggiungo: il Berlusconi di oggi è Salvini, la cui vicenda giudiziaria però è sconfortante. Come può una procura assolvere e l’altra condannare un ministro per un medesimo comportamento, basandosi solo su differenze minime? I magistrati non possono andare in ordine sparso a seconda delle simpatie o dei dettagli in vicende così importanti».
Cosa prevedi, alla fine i giudici la passeranno ancora liscia?
«Al cento per cento. Sono ammaccati, non più indomiti, ma se ci pensi il loro potere reale non è stato minimamente intaccato».
Con i referendum e la Cartabia però…
«Però ci vuole un progetto olistico, che non persegua solo fini punitivi o di ridimensionamento. Quando sento discorsi vacui o fatti tanto per fare, come per esempio la sola separazione delle carriere, mi dico: “ecco, le toghe la spunteranno anche stavolta”. Vedrai…».
Perché il caso Ciro Grillo è esploso solo dopo la caduta del governo giallorosso?
«Osservo cose singolari. La notizia era enorme. La denuncia fu fatta a luglio ma non se ne seppe nulla per due mesi. Poi le indagini sono andate avanti lentissime e la copertura mediatica è stata minima. Arrivato Draghi, l’inchiesta ha avuto una legittima accelerazione e i giornali hanno iniziato a trattare approfonditamente la vicenda».
Non possiamo certo dire che Bonafede coprisse il figlio di Grillo…
«Non lo possiamo dire infatti. Forse Grillo si sarà illuso che, se non si fosse agitato politicamente, i magistrati avrebbero agito con calma e avrebbero guardato più agli elementi a discolpa di Ciro e meno a quelli che lo inchiodano. E si è illuso che questo valesse anche con il governo Draghi, che infatti alla fine ha sostenuto. Quando si è accorto che le cose andavano diversamente, è arrivato il famigerato video».
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