Qui fanno Zan Zan a Letta. Enrico rischia lo sgambetto del Pd sull’omofobia

Franco Bechis

Onore al coraggio di Mino Taricco, senatore del Partito democratico, abituato a lavorare la terra, coltivando pere e kiwi. C’è voluto lui, che ha passato la vita in campagna ed è venuto su in Coldiretti, per spezzare questo clima di odio e terrore che da settimane impongono a tutto il Paese- figurarsi al suo Pd- le squadracce delle camicie arcobaleno del ddl Zan. Ci volevano mani che conoscono la fatica e il lavoro per ignorare le manganellate degli influencer, per fregarsene altamente dei like e di quel mondo che vive sulle nuvole dei social. Il senatore Taricco- una bandiera di libertà in questi tempi bui- ha spiegato di avere votato la calendarizzazione in aula di questo disegno di legge, ma di non avere alcuna intenzione di votarlo poi a scatola chiusa come minacciano i manganelli. Perché lui sarà pure nato e vissuto nella campagna cuneese, ma il cervello vuole ancora usarlo. Ok una legge per proteggere dall’odio e dalla violenza omofobica, ma quell’articolo uno che pretende di dettare legge su cosa sia l’identità di genere, come quell’articolo 4 che mette a rischio la libertà di espressione e quell’articolo 7 che istituisce il Miniculpop gender fluid imponendone l’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado e facendo a pezzi la libertà di educazione che è pilastro di un paese libero, il senatore Pd Taricco non li voterà così come sono per timore delle randellate di partito o di quelle di influencer poco più che ragazzini. Il senatore è stato il solo a trovare il coraggio di dire quello che pensa: nel suo partito le perplessità appartengono anche ad altri, ma evitano dichiarazioni pubbliche per non prendersi manganellate o trovarsi in difficoltà con il segretario Enrico Letta che a questo clima di caccia alle streghe ha per lo meno assentito. Ieri le squadracce dell’odio nate con la finzione di proporre una legge anti-odio hanno passato e di tanto il limite di inciviltà politica a cui siamo da tempo abituati, grazie a una dirigente Pd di Civitavecchia che nel pieno delle randellate ai renziani che volevano mediazione sui punti controversi del ddl Zan non ha trovato di meglio che rivolgersi così a Ivan Scalfarotto: “ a frocione di m…”. La signora stupite dalle polemiche ha chiesto scusa in modo un po’ forzata, sostenendo che il suo era uno sfottò, ma vista l’indignazione di tutti a destra e sinistra Letta jr per un attimo è tornato in sé ed espulso almeno verbalmente dal partito la dirigente, provando a svelenire un po’. 

Non so cosa sia accaduto al segretario del Pd da avere trasformato in belva quello che un tempo era considerato un agnellino della nidiata nazarena, se gli anni in Francia ne abbiano stravolto in modo così drammatica l’indole e financo le radici familiari e culturali, o se invece tutta questa bava alla bocca sia solo scelta tecnica per tenere in vita un partito che stava perdendo l’anima ed era in grandissime difficoltà. Ai bambini si consiglia di non giocare troppo con il fuoco, perché si finisce sempre con il bruciarsi le dita e anche peggio. Ma non viene in mente di dirlo a uno come Letta che cresciutello appare da un pezzo. Il prode Enrico aveva pensato di fare ballare gli avversari politici al ritmo del Zan-Zan, ma la pista è tutta in salita e fossi in Letta ascolterei i consigli questa volta disinteressati (anzi) forniti da Matteo Renzi, perché il rischio intestardendosi è che perfino i suoi nel segreto dell’urna Zan-Zan lo facciano all’ingenuo segretario. 

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