Riforma della giustizia, le armi spuntate dei Cinque stelle
Si tratta dei sei referendum sulla giustizia promossi dai radicali e dalla Lega, e abbracciati in parte anche da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Sebbene tocchino per lo più temi che non rientrano nella riforma, finiscono per raccogliere un fronte eterogeneo, teso a ridimensionare il potere di una magistratura in crisi di identità e di credibilità. Il testo preparato dal governo serve a evitare una contrapposizione tra supposti alleati e supposti nemici dei giudici: schema da muro contro muro tra populismi, in questo caso contrapposti e non solidali.
Puntare i piedi per un’ora minacciando sfracelli e poi intascare le piccole concessioni del premier, per il M5S è un magro bottino. Il richiamo giustizialista, per quanto prepotente, si è rivelato un’arma spuntata. Un tempo, l’immagine di un Movimento «solo contro tutti» sarebbe stata la certificazione di cromosomi virtuosamente antisistema. Oggi, invece, nasconde malamente la guerra interna. La novità è che il resto della coalizione guidata da Draghi va avanti, indifferente al minaccioso lessico grillino. Anche sotto questo aspetto, i tempi sono cambiati.
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