Giustizia, perché questa riforma di sistema mette fine ai processi lumaca
La Commissione ha preso le mosse dalla constatazione che la crisi del processo penale di stampo accusatorio introdotto dalla riforma del 1989 è legata dallo scarso (e molto diseguale nelle diverse sedi giudiziarie) successo dei riti alternativi a quello “normale”, che conduce al dibattimento e alla applicazione del pesante insieme di regole che lo caratterizzano. Così si propongono nuovi vantaggi per l’accusato che adotti un rito alternativo. Il successo di questo tentativo condiziona il miglioramento dei tempi dei giudizi ordinari (per la deflazione che dovrebbe verificarsi), ma ne è anche condizionato poiché la prospettiva dei loro tempi infiniti (e la possibilità di prescrizione) è un motivo che sconsiglia l’accettazione dei riti semplificati. Nello stesso ordine di idee viene proposta l’introduzione di un nuovo istituto, chiamato archiviazione meritata: per reati di scarsa gravità, al termine della indagine del pubblico ministero sarà possibile richiedere al giudice la archiviazione per estinzione del reato, come conseguenza dell’adempimento di una serie di prestazioni in favore della vittima del reato o della collettività. Si tratta di una misura che potrebbe rivelarsi efficace, anche in favore della vittima, cui si rivolge anche direttamente la proposta di introdurre le pratiche proprie della c.d. giustizia riparativa. Si tratta di sistemi che tendono a ricostituire i rapporti offesi e interrotti tra il responsabile del reato e la vittima. In generale una attenzione speciale viene prestata alla vittima del reato, anche in linea con indicazioni che vengono dall’Unione europea e che finora erano state trascurate.
La ministra Cartabia ha anche accolto e portato in Consiglio dei ministri le proposte elaborate dalla Commissione sul terreno delle sanzioni. Da un lato vi è una maggior varietà di sanzioni sostitutive di quella detentiva (detenzione domiciliare, affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, lavoro di pubblica utilità, pena pecuniaria) e dall’altro esse verranno applicate dal giudice all’esito del giudizio e non più in sede di esecuzione di una pena detentiva astrattamente comminata. Il giudice considererà la individualità della posizione del condannato, la sua personalità, la sua capacità di reagire positivamente sul piano della risocializzazione e della riparazione della lesione cagionata dal reato. Nella rimodulazione dell’insieme delle pene rientra l’attenzione portata alla pena pecuniaria, divenuta ormai evanescente perché solo il 2% di quelle inflitte dal giudice sono poi effettivamente eseguite. Rendere effettiva la sanzione pecuniaria è condizione preliminare al suo recupero, anche nei confronti della pena detentiva (spesso peraltro sospesa). Sulla scorta dell’esperienza già maturata da altri Stati europei, si propone di modulare la sanzione pecuniaria per quote giornaliere, di cui il giudice stabilirà il numero e l’ammontare pecuniario, tenendo conto naturalmente del fatto di reato, ma anche della capacità economica del condannato. Come si vede nelle proposte della Commissione e ora del governo si intrecciano e sostengono temi diversi, che insieme intervengono sulla efficienza del processo penale e sull’ammodernamento del sistema di giustizia penale. Al Parlamento il governo offre ora una occasione da non perdere.
LA STAMPA
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