Supermario pragmatico
Sono distinguo che puntano a posizionare nella competizione interna (e sul mercato elettorale) il contismo quale autentico continuatore del verbo giustizialista. E, sempre per rimanere dalle parti del paradosso, si deve pure constatare il fatto che l’ex premier Conte si rivela tratteggiabile come l’unico avvocato (nel senso specificamente professionale, e non in quello politico-comunicativo racchiuso nella formuletta «del Popolo») contrario alla prescrizione della storia del sistema giudiziario italiano. Analogamente, e di segno contrario, si sono registrate le proteste della Lega su un presunto “sbilanciamento a sinistra” del candidato amministratore delegato della Rai. Nondimeno, il «metodo Draghi», che è profondamente politico, risulta anche fortemente rispettoso dei partiti e delle loro prerogative. L’economista ed ex banchiere centrale presiede un governo di larghe intese alimentato da sensibilità differenti, ed è il primo naturalmente a conoscere il valore del principio del negoziato e ad attribuire importanza al conseguimento di un accordo. Ma quando, nell’impellenza di una scadenza, non arrivano segnali né indicazioni da parte delle forze politiche oppure, peggio ancora, i veti incrociati generano una paralisi, il premier prende una decisione, assumendosene direttamente la responsabilità. E lo fa con la velocità richiesta dal processo di decision-making, senza guardare al «manuale Cencelli» o al bilancino tra i desiderata partitici. Ovvero, il pragmatismo come metodologia di governo, e filosofia politica complessiva. La scorsa settimana, su queste colonne, in sintonia con un’istanza diffusa nella società civile, si invocava proprio un’ulteriore estensione del «metodo Draghi». E la sua applicazione a quell’ambito del servizio pubblico decisamente bisognoso di un cambio di paradigma che è la radiotelevisione. E ora, dopo le nuove nomine Rai, l’invocazione si è fatta realtà.
LA STAMPA
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