Il pressing del G20 sui paradisi fiscali: “Sì alla global tax”

PAOLO BARONI

La «Global minimum tax» fa un altro passo avanti. Dal vertice del G20 arriverà infatti il via libera «politico» dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali riuniti per tre giorni a Venezia assieme al gotha della finanza mondiale. Nella bozza del documento finale, che entro sera otterrà l’ok definitivo, pare senza grandi ritocchi, i Venti esprimono il loro «appoggio» convinto a quella che nelle loro intenzioni dovrà essere «una effettiva tassa minima globale come previsto dall’accordo raggiunto a luglio a livello Ocse». Oltre a questo il G20 chiede poi di «mantenere in campo tutte le risorse e gli strumenti politici per affrontare le conseguenze del Covid, continuando a mantenere i sostegni alla ripresa» e di stanziare 75 miliardi di dollari in più in 5 anni per finanziare la lotta contro le future pandemie.

«Governi e banche centrali devono avere un ruolo chiave nell’evitare ferite permanenti per l’economia» raccomanda il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, secondo cui «la recessione globale senza precedenti provocata dalla pandemia ha spinto l’economia globale in territori sconosciuti». La questione clima

Sul tavolo, su iniziativa della presidenza italiana anche la questione dei cambiamenti climatici («è al centro della nostra agenda» spiega il ministro dell’Economia, Daniele Franco). Tutti ravvedono l’urgenza di intervenire. «Il momento è adesso, ora o mai più» sostiene il commissario europeo Paolo Gentiloni in perfetta la sintonia col segretario al Tesoro Janet Yellen, secondo la quale «i paesi del G20 sono responsabili dell’80% delle emissioni di Co2 e quindi è nostra responsabilità adottare misure e farlo subito».

Intano si manda avanti la minimum tax. Secondo Gentiloni l’accordo è vicino. «Non imporremo una tassazione unica per tutti, ma un livello minimo. I Paesi – aggiunge – saranno liberi di imporre un’aliquota più alta». Ad oggi ben 131 nazioni su 139 hanno avallato la proposta dell’Ocse, all’appello mancano ancora l’Irlanda (che col suo 12,5% di prelievo da anni fa concorrenza fiscale sfrenata e non molto corretta al resto d’Europa), e poi Estonia e Ungheria, oltre a Barbados, Saint Vincent Grenadine, Perù, Sri Lanka, Kenia e Nigeria. Ed è a queste nazioni che ora si guarda, tant’è che nella bozza del documento finale del G20 c’è anche un invito esplicito ai paesi membri che non hanno ancora aderito all’accordo internazionale ad «affrontare rapidamente le questioni rimanenti» e a sottoscrivere l’intesa.

A ottobre l’ultimo sì

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