Salvini: «Basta con chi dice no, anche senza Conte il governo va avanti»
Segretario, è soddisfatto della riforma Cartabia o è un compromesso al ribasso come dicono i denigratori?
«Rispondo alla milanese — spiega il leader leghista Matteo Salvini — Piuttosto che niente, meglio piuttosto. È un passo avanti utile dopo mesi di nulla».
Ma la riforma Bonafede, ora corretta dal nuovo Guardasigilli, nel 2019 l’aveva votata anche lei. Si è pentito?
«La
votammo con l’impegno a riformare entro un anno anche la giustizia
civile e penale e a ridurre la durata dei processi. Conte e Bonafede non
hanno mantenuto le promesse. E oggi ci sono oltre 5 milioni di processi
in arretrato, con più di 200 magistrati fuori ruolo, cioè che non fanno
il loro lavoro…».
Teme che il M5S faccia saltare il banco in Parlamento?
«Se hanno fatto confusione prima, figuriamoci dopo. Noi siamo la garanzia per Draghi e Cartabia. M5S e Pd creano solo problemi».
Giuseppe Conte si è detto contrario alla riforma. Draghi rischia la crisi?
«Io spero che vinca Draghi e che perdano Conte e Grillo».
Fra Conte e Grillo lei chi preferisce?
«Difficile
scegliere. Conte farà di tutto per mandare a casa Draghi perché lo
accusa di avergli rubato il posto. L’altro è felice per ogni impresa che
chiude, figuriamoci…».
Se l’ex premier tenterà di far cadere il governo voi che farete?
«Cercheremo
di impedirlo con ogni mezzo democratico. Ma sa cosa le dico? Facciano
quel che credono, tanto il governo va avanti lo stesso».
E se non succedesse?
«Ai
5 Stelle, ma anche a Letta, dico chiaro che non si sta dentro il
governo per dire no. Ci si sta per costruire. Se vogliono distinguersi o
rompere, si accomodino».
Potrebbe essere Draghi a perdere la pazienza.
«Mi
auguro proprio di no. Vorrebbe dire che oltre alla pazienza avrebbe
perso la speranza di cambiare il Paese. Davanti a noi abbiamo
un’occasione straordinaria che lascerà il segno per i prossimi
vent’anni. Sarebbe un delitto sprecarla».
Voi avete promosso i referendum sulla giustizia pur di fronte alla riforma della ministra Cartabia. Non è una contraddizione?
«No,
anzitutto perché le materie su cui chiediamo le firme non riguardano la
riforma. E poi perché i referendum sono un binario che corre parallelo a
quello del governo. Se non ci fosse, il Parlamento si fermerebbe».
Sta raccogliendo adesioni da ogni parte, anche da fronti opposti. Tutti insieme appassionatamente per far che?
«I
referendum stanno intercettando una grande voglia di cambiamento. Già è
affascinante che su questo tema lavorino insieme Lega e Partito
radicale, ma bisogna riconoscere che Marco Pannella agitava questi
problemi già negli anni Ottanta. Certo, sorprende anche me vedere
firmare Staino e costituzionalisti di sinistra insieme ai giovani di
Confindustria».
Ma visto che il fronte è così ampio e trasversale, non potevate provare a fare le riforme in Parlamento?
«No,
perché lì il potere di interdizione dei 5 Stelle non ci avrebbe
consentito di fare nulla. Nel Paese non esistono più, ma in Parlamento
sono ancora il primo partito».
Ha firmato anche l’ex
pm Luca Palamara, uno dei protagonisti di quel sistema marcio che
vorreste cambiare. Avete accolto un pentito.
«Sono per la
redenzione. Considero Palamara un figliol prodigo che ha capito che con
certi metodi le toghe hanno guadagnato solo discredito. E mi fa piacere
sapere che molti magistrati stanno firmando i nostri moduli».
Firmerà anche Renzi?
«Non lo vedo e non lo sento da tempo. Ma come hanno firmato Stefania e Bobo Craxi, ben venga anche lui».
State ragionando sul futuro del Quirinale?
«Di quello si parlerà nel 2022. Da Renzi mi dividono tante cose, ma se ci dà una mano sulla giustizia non mi scandalizzo».
Eppure, sul ddl Zan andate d’amore e d’accordo.
«Entrambi
ascoltiamo il Santo Padre. E siamo d’accordo sul tentativo di evitare
un inutile scontro. In fondo si tratta di modificare tre articoli. Non
c’è altro».
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