Mancini, un uomo quasi perfetto
Poi, certo lui al pallone non ha mai dato del voi, il colpo di tacco contro la Svizzera senza neanche rovinarsi la piega, dei capelli e dei pantaloni, è la sublimazione del suo talento. Lo fa durante Italia-Svizzera, seconda partita dell’Europeo, lo fa da ct ed è come se avesse fermato il tempo. Non ha mai avuto un centravanti come si deve e si era pure inventato un tridente leggero per ovviare alla lacuna, poi ha deciso che si sarebbe fatto andare bene Immobile o Belotti a targhe alterne. Li ha sempre difesi, «coccolati» come dice lui, ma vedere come si spazientisce a ogni svirgola è sufficiente per comprendere che, ecco, come dire, il concetto che ha della tecnica è un altro. Gli hanno dato una pietraia e lui ne ha fatto una miniera: il contratto gli dura fino al 2026, allungato prima ancora che vincesse qualcosa alla vigilia degli Europei. Due milioni il primo ingaggio, ora raddoppiato.
Ci ha messo la faccia, ovunque, Mancini e ridato un senso alla Nazionale. Ha superato Vittorio Pozzo, un signore che ha vinto due Mondiali, nelle gare di fila senza sconfitte, era l’unico sicuro di arrivare nelle prime quattro a questi Europei. Appunto, visione e visionario insieme. Da bambino la mamma, su suggerimento della maestra che vedeva sempre un po’ troppo agitato, lo obbligava a bere camomilla prima di andare a scuola. Non per niente, la calma è la virtù dei forti.
LA STAMPA
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