Davigo indagato per rivelazione di segreto d’ufficio sul caso dei verbali di Amara
L’11 maggio scorso in tv a Di Martedì Davigo spiegò che Storari gli aveva «segnalato una situazione critica e dato il materiale necessario per farmi un’opinione, dopo essersi accertato che fosse lecito. Io spiegai che il segreto investigativo, per espressa circolare del Csm, non è opponibile al Csm». Circa l’impasse in Procura a Milano, per Davigo il problema era «che, quando uno ha dichiarazioni che riguardano persone in posti istituzionali importanti, se sono vere è grave, ma se sono false è gravissimo: quindi, in un caso e nell’altro, quelle cose richiedevano indagini tempestive. Mi sembrava incomprensibile la mancata iscrizione». E ritenuta «la necessità di informare in maniera diretta e sicura i componenti del Comitato di presidenza Csm (perché questo dicono le circolari», Davigo ne aveva parlato, in misura e in momenti diversi, quantomeno al vicepresidente Csm Ermini; agli altri due membri del Comitato, il procuratore generale e il presidente della Cassazione, Giovanni Salvi e Pietro Curzio; nonché (per spiegare i propri raffreddati rapporti con il consigliere Ardita evocato da Amara) ad alcuni consiglieri Csm e all’onorevole Morra, presidente dell’Antimafia.
Da quel poco che ora emerge a Roma, dopo che una rara coltre di segreto ha resistito così a lungo su un così gran numero di audizioni «sensibili», sul contenuto dei colloqui sono rimaste non coincidenti le versioni già affiorate in passato tra Ermini e Davigo, e tra Morra e Davigo. Inoltre tra i consiglieri Csm sinora non risulta siano stati ascoltati Curzio e Salvi, il quale tre mesi fa in un comunicato spiegò di aver appreso da Davigo di «contrasti in Procura a Milano circa un fascicolo molto delicato che a suo avviso rimaneva fermo», e di aver «immediatamente» informato il procuratore Greco per avviare un coordinamento. Salvi, procuratore generale della Cassazione e dunque titolare dell’azione disciplinare, l’ha avviata a inizio giugno nei confronti di Storari proprio per la consegna dei verbali a Davigo, che poi in tutt’altro contesto tra fine 2020 e inizio 2021 vennero ricevuti in forma anonima da due giornali romani (che avvisarono i pm di Milano e Roma) e dal consigliere Csm Di Matteo (che andò a denunciarlo al procuratore perugino Cantone): a spedirli, per i pm di Roma, sarebbe stata la segretaria Csm di Davigo, Marcella Contraffatto, indagata per l’ipotesi di calunnia del procuratore Francesco Greco, additato come insabbiatore nel messaggio anonimo a Di Matteo.
Sempre da Roma e dal Csm arrivano novità sul parallelo filone nel quale il procuratore bresciano Francesco Prete e il pm Donato Greco indagano per «rifiuto d’atti d’ufifcio» sul procuratore aggiunto milanese Fabio De Pasquale e sul pm Sergio Spadaro, nell’ipotesi che non abbiano trasmesso al Tribunale del processo Eni-Nigeria alcuni indizi (sottoposti loro da Storari) di inattendibilità, e perfino di inquinamenti processuali, del dichiarante accusatore di Eni, Vincenzo Armanna. La I Commissione del Csm, che in una imprecisata pratica di «vigilanza» sulla Procura di Milano ha sinora ascoltato il neoprocuratore generale Francesca Nanni, ha infatti convocato per una audizione a fine mese il coordinatore dell’antiterrorismo Alberto Nobili, e due dei vice di Greco, Letizia Mannella e Tiziana Siciliano.
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