Il Pd prova a restituire alle Camere il potere legislativo

MONTESQUIEU

Le riforme ai regolamenti delle Camere proposte dal Partito democratico hanno un valore esistenziale per la nostra democrazia, e consentono di misurare il peso dell’unico partito, tra quelli che si giocano la complicata partita politica del nostro paese, che conserva nel proprio dna un filo diretto con la Costituzione. Nel resto della comunità politica, infatti, prevalgono scarsa affinità e svogliata diffidenza verso la nostra Carta fondamentale: con punte di vera ostilità da parte del movimento 5 stelle delle origini, culminate in atti di vandalismo, quale il taglio brutale dei vitalizi degli ex parlamentari, e, nelle intenzioni, l’amputazione di un terzo delle Camere senza nemmeno un perché, una motivazione. Atti subiti con pusillanime e passiva acquiescenza proprio del partito democratico. La ragione costituzionale sottomessa alla ragione politica.

Supponente l’indifferenza della Lega verso la Costituzione, fatte salve punte di inarrivabile mutevolezza e di alta acrobazia, nei due sensi, dell’attuale leader. Ed estraneo al verbo costituzionale il partito con qualche radice nel passato, Fratelli d’Italia, che mescola alcuni dei simboli ideologici del vecchio regime, senza accogliere quelli tragici dell’autoritarismo. Nelle proposte presentate dal partito democratico spiccano due temi più direttamente collegati con la Costituzione, accanto a quelli più procedurali e tecnici. Il primo, fiore all’occhiello del segretario Letta, riporta all’articolo 67 della Costituzione, e ad un fenomeno chiamato con mediocre neologismo «transfughismo». La misura azzera i vantaggi, personali, politici o economici, che hanno accompagnato negli anni il vertiginoso fenomeno di migrazione parlamentare, ignorando peraltro le cause dello stesso, sconosciuto nei primi decenni della repubblica. Non migliora la qualità dei parlamentari, toglie convenienza al trasloco. In realtà, il fenomeno si collega direttamente alla nascita dei partiti personali, ed alla contestuale caduta dei requisiti sommariamente ma nitidamente indicati nell’articolo 49 della Carta. Militanti non più uniti dal pensiero comune diventano d’un tratto lavoratori subordinati, fisiologicamente attenti a migliori offerte di lavoro. Da allora, leggi elettorali partigiane colorano la fine di ogni legislatura, per consentire a pochi gerarchi di far nominare direttamente dagli elettori i propri rappresentanti nelle Camere. I nomi già scritti su liste bloccate, fedeltà in luogo di qualità.

Una parziale delusione, inopinatamente compensata dalla proposta che introduce (in realtà ripristina) l’irricevibilità e quindi l’inammissibilità di maxiemendamenti. Un colpo di scena. È l’insperata uscita dall’interminabile letargo che ha consentito a tutti i governi (tutti), di lucrare l’appropriazione indebita e gratuita del procedimento di formazione delle leggi, denudando le camere della loro principale funzione. Leggendo la norma, l’impressione è che dell’uscita dal letargo sia rimasto l’effetto di momentaneo stordimento, ma la qualità degli estensori fa sperare che dopo il primo momento le cose torneranno a posto anche sotto il profilo formale.

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