Procure poco preparate sulla violenza contro le donne, “diritti spesso disattesi”

La tutela delle donne vittime di violenza o maltrattamenti non è garantita allo stesso modo in tutta Italia. Perché le leggi ci sono, sono valide, ma metterle in pratica è un’altra cosa. E la piena realizzazione della tutela delle vittime di ogni forma di violenza di genere passa, quando si arriva alle indagini o poi in un’aula di tribunale, anche dalla formazione degli addetti ai lavori. Che in molti casi è carente. E così accade che una donna possa ricevere piena tutela e assistenza se a occuparsi del suo caso è una procura che ha al suo interno un pool specializzato in violenza di genere o, quantomeno, in tutela delle fasce cosiddette deboli e che, invece, non riceva tutte le garanzie che merita se si trova di fronte a magistrati che, non necessariamente per colpa loro, non sono adeguatamente formati. Il gap, quando si parla di donne che hanno bisogno di aiuto, è grave e andrebbe colmato subito. Come? Assicurando un livello accettabile di specializzazione da parte di chi dovrà maneggiare questa materia delicatissima. Si sofferma in particolare su questo aspetto il “Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria”, della commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio. Il lavoro è stato approvato il 17 giugno ma presentato oggi. “La Convenzione di Istanbul, che prescrive di rendere concreto il diritto delle vittime alla protezione, resta in larga parte ancora disattesa”, si legge tra le 36 pagine del lavoro. 

L’indagine, che aveva come obiettivo capire in che modo fossero trattati i casi di violenza domestica dalle varie figure della realtà giudiziaria, è stata svolta con la somministrazione di appositi questionari a procure, tribunali ordinari, di sorveglianza, Csm, scuola superiore della magistratura, consiglio nazionale forense e ordini degli psicologi, focalizzando l’attenzione sul triennio 2016-2018. Emergono sicuramente buone pratiche, ma anche tante lacune. “Serve molta più formazione e specializzazione per riconoscere e affrontare con efficacia la violenza contro le donne, sanzionarla, prevenire escalation, sostenere le donne che denunciano”, si legge nel rapporto. 

“L’Italia è dotata oggi di un buon impianto normativo, cioè di buone leggi per contrastare il fenomeno maschile della violenza sulle donne”, ha detto Valeria Valente, senatrice Pd e presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio. Ma, ha continuato durante la presentazione del rapporto, “la vera scommessa è di interpretare correttamente queste norme e per farlo c’è bisogno di una maggiore specializzazione e formazione di tutti gli operatori del complesso mondo della giustizia: dai pm ai giudici, agli avvocati, agli psicologi chiamati a fare consulenze tecniche d’ufficio sulle quali spesso si basano le sentenze”.

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