Patto Conte-Letta sulla prescrizione, ma Draghi non si fida e chiede lealtà
ILARIO LOMBARDO
ROMA. Pochi giorni. Questo chiede il Pd a Mario Draghi. Pochi giorni per ritoccare la riforma del processo penale e ridefinire i canoni della prescrizione. Per Enrico Letta una scelta che con il passare dei giorni si è fatta obbligata, dopo la protesta dei magistrati, degli alleati del m5S e per i mal di pancia sempre più difficili da nascondere anche tra i democratici. Questa mattina Giuseppe Conte si presenterà all’incontro con Draghi con il sollievo di avere incassato la sponda nel Pd per cambiare la legge della ministra della Giustizia Marta Cartabia. Il premier e il suo predecessore si vedono per la prima volta dopo la crisi che a febbraio ha portato l’ex banchiere centrale a Palazzo Chigi. Per Conte è anche il primo confronto politico da leader del M5S, pur se non formalmente incaricato. I due sanno che le strade della mediazione possono essere infinite, ma conoscono anche le insidie che si presenteranno immediatamente, appena si renderà possibile riaprire i giochi sulla giustizia.
È il grande timore di Draghi, quello che esporrà oggi a Conte: aprire uno spiraglio di modifica significa spalancare la porta ai veti reciproci, cosa che dilaterebbe i tempi e decreterebbe il rinvio forse definitivo. Forza Italia e Italia Viva sono già sul piede di guerra, pronti a controproporre modifiche che andranno in senso opposto alle richieste sulla prescrizione di 5 Stelle e Pd. «Molto dipenderà da quanto si inasprirà il confronto in Commissione – spiega Carmelo Miceli – noi del Pd siamo consapevoli dell’importanza della riforma e della necessità che tutte le parti in causa debbano rinunciare a qualcosa». Il Pd asseconderà la battaglia di resistenza del M5S e deve farlo anche perché in ballo c’è il seggio per le suppletive di Siena dove Letta non può permettersi di perdere il sostegno del Movimento. Allo stesso tempo, però, i dem non seguiranno gli alleati fino allo strapiombo. «Sono sicuro che domani sarà una giornata positiva, nella quale si troveranno le giuste soluzioni» ha detto il leader Pd alla vigilia dell’incontro. Il patto tra Conte e Letta si poggia su una condizione: che i tempi siano celeri. Il segretario dem aveva dato questa garanzia a Draghi e vorrebbe mantenere la parola, anche se ora sposta all’«autunno» il termine per approvare l’intero pacchetto della riforma, che comprende anche il processo civile e il Csm, «perché alla base dei soldi del Pnrr»: un modo per guadagnare tempo e aprire alla possibilità di un ulteriore slittamento. Ieri anche la vicepresidente del Senato Anna Rossomando ha detto di «non temere una perdita di tempo, se si tratta di pochi giorni per arrivare alla meta». Bastano interventi mirati: «Non serve smantellare tutto, ma risolvere qualche criticità». «Le soluzioni tecniche ci sono», dice, e «la mediazione deve trovarla il governo e in particolare la ministra Cartabia».
Anche fonti vicine a Conte assicurano che non c’è alcuna volontà di sabotaggio. L’avvocato invita a guardare al modello tedesco e propone sconti di pena contro l’irragionevole durata del processo. Non solo. Nel M5S e nel Pd chiedono di allargare i reati per i quali la tagliola dell’improcedibilità (la prescrizione non più sostanziale ma processuale) interviene più tardi, a tre anni e non a due per l’appello, e a un anno e mezzo e non a uno per la Cassazione. In alternativa, I grillini non escludono di riesumare il lodo Conte – prescrizione sospesa dopo il primo grado per chi è condannato e non per chi è assolto – che fu ideato a inizio 2020 per scongiurare la crisi che si stava apprestando a scatenare Renzi prima che intervenisse la pandemia. Tra i 5 Stelle c’è anche chi vorrebbe far partire il calcolo dell’improcedibilità del secondo grado non al momento del ricorso ma quando il fascicolo arriva in Corte d’Appello, ma è un’ipotesi che è già stata bocciata al tavolo della maggioranza al ministero della Giustizia.
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