Vaccini e Green pass, un Fico di Palazzo
di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS
Tutto muta, e i politici spesso mutano più in fretta. Sono i miracoli del Palazzo. Così il presidente della Camera Roberto Fico può proprio dirsi un uomo diverso da quello che tre anni fa si recò in autobus ad assumere l’onere e l’onore di presiedere Montecitorio. Era il periodo della scatoletta di tonno, della lotta ai privilegi, quelle cose lì. Fico era tra i più convinti. Ricordiamo ancora la prima volta che per ragioni d’ufficio dovette salire al Quirinale, e lo fece a piedi in mezzo a due ali di fotografi e cronisti festanti. Poi il furore anticasta si è man mano allentato, e già quando qualche settimana fa andò all’Olimpico con 9 (nove) uomini di scorta la mutazione poteva dirsi a buon punto. Per concluderla serviva un ulteriore salto di qualità, quello dal privilegio passivo, la scorta (io politico usufruisco di una facilitazione di cui tu comune mortale non disponi) al privilegio attivo, l’esenzione dal green pass (io politico scanso un obbligo a cui i cittadini devono invece sottostare).
Fico ha infatti sostenuto che non è buona cosa chiedere ai parlamentari se sono o meno vaccinati e che quindi di green pass per entrare nel Palazzo per il momento non se ne parla. Tre anni fa, prima di entrare nel Palazzo, i grillini avrebbero fatto fuoco e fiamme di fronte a un’affermazione del genere, adesso che il tonno della scatoletta sono loro, beh insomma, che volete che sia.
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