La sfida di Draghi agli intoccabili

E, sull’altro versante, le parole sulla giustizia non concedono nulla all’altro corno del populismo italiano, le cui critiche vengono liquidate con un richiamo alla coerenza: “C’è stato un rapido passaggio in Consiglio dei ministri, ho chiesto l’autorizzazione alla fiducia quando sarà il momento in Parlamento perché c’è un testo approvato dal Cdm”. Punto. Parla certo a Conte, ma parla anche ai veri oppositori della riforma, la cui voce, con i governi di qualunque colore, si è trasformata in un veto, in questi anni: Anm, Antimafia, Csm. Ed è complicato, con un po’ di malizia, dedurre che un’operazione di questa portata non abbia la condivisione del capo dello Stato che, evidentemente, non ravvisa nella riforma quella pericolosità denunciata da un pezzo della magistratura.

Right or wrong, è l’opposto del film della subalternità, proiettato in questi anni e in questa strampalata legislatura iniziata col governo dei populisti, la cui egemonia è stata vissuta in fondo come intoccabile, in entrambi gli schieramenti, anche da forze che dal populismo furono travolte, acconciatesi poi a sostenere (e assecondare) addirittura lo stesso premier, e lo stesso humus culturale. In fondo, la parabola della Bonafede è emblematica: approvata nel Conte 1 a furor di popolo e di procure, rimasta tale nel Conte 2, viene smontata solo ora. E accadrà col consenso di tutti. Le dure repliche della storia. 

L’HUFFPOST

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