Le scelte decise del premier e i fragili equilibri dei partiti
Ecco su cosa Draghi chiede ai partiti di concentrarsi. E c’è un motivo se finora le forze di maggioranza non sono riuscite ad acquisire il dividendo politico del premier, che pure ha indici di gradimento elevati nell’opinione pubblica. Nel tentativo di trovare una scorciatoia, c’è chi — come ha scritto Antonio Polito sul Corriere — prova (inutilmente) a piantare le proprie bandierine. C’è chi cerca percorsi alternativi su temi che i cittadini non avvertono come prioritari. E c’è chi addirittura in queste settimane ha fatto testare l’ipotesi di un futuro «partito di Draghi senza Draghi». Nessuno al momento ha tentato di dimostrarsi «partito del governo Draghi», dando l’idea di considerare questa fase come una parentesi dettata dagli eventi.
Il Paese percepisce questo atteggiamento e non ci si riconosce, visto che la forza del premier non si riversa sui suoi alleati. Le loro contorsioni politiche sono evidenti, tanto quanto l’incapacità di mostrare il nucleo di un valido progetto in grado di sostituire l’attuale governo quando verrà il momento. È un limbo senza luce e ad oggi senza apparenti vie d’uscita, che interroga su ciò che sarà il «dopo Draghi».
Ma al momento Draghi c’è, e il suo richiamo è stato un modo per far capire alle forze di governo che non possono continuare a ragionare seguendo vecchie logiche e vecchi riti. Se continueranno a farlo, il presidente del Consiglio tornerà a parlare con la stessa schiettezza di due giorni fa. Perché non è stagione di sconti.
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