La verità di Perlasca sullo scandalo del Vaticano: «Io come la vittima di un predatore»
Gianluca Paolucci
I soldi «spariti» del concerto di beneficenza di Claudio Baglioni in Vaticano nel dicembre del 2016. Il ruolo dietro le quinte del cardinale Angelo Becciu durante le indagini. L’affare dell’ospedale di Olbia con la Qatar Foundation. Le percentuali di Mincione. Le spese di Cecilia Marogna e i fondi ai fratelli del Cardinale. Le manovre tra le gerarchie vaticana all’epoca dello scandalo di Vatileaks. Alberto Perlasca è un fiume in piena quando, il 31 agosto 2020, si presenta agli inquirenti vaticani che stanno indagando sullo scandalo dei fondi della Segreteria di Stato. Ha chiesto di essere interrogato di nuovo, dopo un primo interrogatorio nell’aprile precedente e dichiara di riconoscere «di aver sottovalutato l’importanza dell’interrogatorio del 29 aprile e di esservi giunto impreparato, forte solo della mia convinzione di essere innocente». Perlasca, anche lui indagato, diventerà da quel il principale accusatore del suo superiore, Angelo Becciu.
«Intorbidire le acque»
Parlasca dice non essere mosso da rancore o da sentimenti di vendetta, ma di essere vittima di grooming: «E’ la tecnica utilizzata dai predatori per introdursi surrettiziamente, attraverso i sentimenti, (…) nell’animo delle proprie vittime» – Perlasca si presenta senza l’avvocato dopo che quest’ultimo (Baffioni) gli ha chiesto di valutare una difesa congiunta con monsignor Mauro Carlino: «riconosco in ciò la mano del cardinale Becciu, nel tentativo di intorbidire, a suo vantaggio, le acque». Perlasca racconta anche come Becciu «mi ha fatto credere che (il licenziamento di alcuni funzionari della Segreteria di Stato il 30 aprile 2020, ndr.) era frutto di un accordo di Monsignor Pena Parra con i giudici e che quindi il processo non si sarebbe mai celebrato». Ancora, riferisce Perlasca, lo stesso Becciu ha «imputato ai magistrati un giudizio di indegnità nei confronti di tutti noi indagati, giudizio che invece lui aveva usato verso di me». Da qui parte il racconto di Perlasca, con un memoriale letto durante l’interrogatorio e allegato ai documenti processuali. Le difese hanno chiesto che venga fornita anche la registrazione video. Un racconto nel quale Becciu è il protagonista principale, ma che sembra alleggerire le posizioni di alcuni degli altri indagati. Perlasca riferisce ad esempio che Enrico Crasso (il gestore dei fondi della Segreteria) avrebbe restituito parte delle somme ricevute e degli scontri tra lo stesso Crasso e Mincione quando al primo era stato chiesto di «controllare» l’operato del secondo. La vicenda del palazzo di Londra al centro dello scandalo è il primo argomento trattato da Perlasca: riferisce che «tra le tante scorrettezze» di Mincione c’era anche «quella di non versare gli affitti pagati per le parti del palazzo date in locazione».
I bonifici per la suora
Perlasca racconta anche che Becciu chiese di inviare denaro alla Marogna anche dopo la sua uscita dalla Segreteria di Stato. La vicenda è quella del presunto riscatto per una suora rapita in Colombia, circa 500 mila euro in una decina di versamenti finiti invece alla Marogna. Due dei versamenti vennero effettuati dopo l’uscita di Becciu dalla Segreteria ma su richiesta dello stesso Becciu. Il giorno del primo bonifico era stata costituita dalla marogna la società in Slovenia e i fondi spesi poi in beni di lusso.
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