Venti di crisi sulla giustizia: il M5s minaccia l’astensione in Cdm, sospeso per un’ora

Ilario Lombardo

ROMA. Non c’è ancora un accordo sulla riforma della giustizia e per la prima volta si sussurra di una possibile crisi se non si troverà a breve una soluzione. Al momento, alle quattro di pomeriggio, sta per riprendere il Consiglio dei ministri dopo un’ora di sospensione, necessaria per cercare un accordo con il M5S e il leader in pectore Giuseppe Conte. I ministri 5 Stelle hanno annunciato che si asterranno se avranno da Mario Draghi la garanzia che, come chiesto, tutti i reati di mafia non saranno esclusi dall’improcedibilità, ovvero «la prescrizione processuale»  al centro delle polemiche di questi giorni.  

«Non accetteremo cedimenti e sulla mafia non transigeremo in alcun modo» è quanto sostenuto davanti al premier in una riunione fiume in mattinata. Draghi aveva provato a forzare i tempi, convocando il Cdm per le 11.30, ma senza ordine del giorno, nella speranza che i 5 Stelle si sarebbero convinti ad accettare la proposta di mediazione, a cui hanno contribuito anche Lega e Pd. Secondo le bozze del testo, il termine di improcedibilità in Appello può salire da 2 a 3 anni e in Cassazione da 1 anno a 18 mesi per i giudizi «particolarmente complessi». Ma ulteriori proroghe della stessa durata «possono essere disposte» per i delitti di terrorismo o eversione, per associazioni di tipo mafioso (art.416 bis), per scambio elettorale politico-mafioso (art.416 ter), per violenza sessuale, per le associazioni per spaccio di stupefacenti. Troppo poco per il M5S che non intende muoversi dalla richiesta originaria: imprescrittibilità per i reati di mafia e terrorismo, tutti, non solo quelli che prevedono l’ergastolo.  

A questo punto o si trova un accordo o l’astensione dei ministri del M5S potrebbe portare a pochi inquietanti scenari. I ministri potrebbero dimettersi, Draghi potrebbe salire al Colle a rimettere il mandato, o decidere di inviare il testo alla Camera e mettere la fiducia sul testo. Sono tutti scenari esplosivi. Resta come ultima ipotesi quella di un ulteriore rinvio della discussione in Parlamento. Significherebbe conquistare altro tempo per le trattative e per evitare il peggio, ma anche che Draghi non è riuscito a rispettare il calendario delle scadenze consegnato alla Commissione europea, tra l’altro nel giorno in cui è stato di fatto annunciato che le riforme del fisco e della concorrenza – anche queste attese per fine luglio – slitteranno a settembre.      

LA STAMPA

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