Covid, in Italia è partita la quarta ondata? Pregliasco: «Numeri brutti, ma spero sia un colpo di coda»

di Adriana Bazzi

Intervista al virologo dell’Università Statale di Milano: «La situazione è in linea con quanto successo in altri Paesi. Il green pass non può azzerare il rischio di contagio, ma contribuisce a ridurlo»

La quarta ondata di contagi da coronavirus è arrivata, come dimostrano i dati della Fondazione Gimbe e come molti esperti temevano?
«Speriamo sia solo un colpo di coda — commenta Fabrizio Pregliasco, virologo, docente all’Università Statale di Milano —. Comunque è una situazione in linea con quello che già è successo in altri Paesi, mentre noi vivevamo una sorta di luna di miele».

In che senso «luna di miele»?
«Noi siamo stati chiusi più a lungo: chi ha riaperto prima, come Spagna e Portogallo, ha visto risalire i contagi già nelle settimane scorse. E poi c’è stata quell’“eclissi di coscienza”, durante i festeggiamenti per la vittoria dell’Italia nell’Europeo di calcio, che ha favorito la diffusione del virus».

A proposito di contagio: dove si nascondono i rischi?
«Va ribadito un concetto: che ogni contatto fra persone può potenzialmente rappresentare un rischio di contagio, anche se basso. Anche i vaccinati (che nell’88% dei casi sono al riparo dall’infezione) in alcuni casi possono essere portatori del virus, nonostante la carica ridotta, e trasmetterlo agli altri» (ecco perché molti esperti, come il virologo americano Anthony Fauci, continuano a raccomandare l’uso della mascherina, ndr).

Questo non fa che sottolineare l’importanza della vaccinazione per ridurre il più possibile la circolazione del virus. Molti, però, sono ancora esitanti, e non parliamo dello zoccolo duro dei no vax. Perché questa esitazione?
«Molto è da attribuire a una sorta di cacofonia dell’informazione. È passata, per esempio, l’idea che i vaccini siano sperimentali e che alcuni possano interferire con il nostro Dna. Ma non è così. Le tecnologie che hanno permesso di mettere a punto i preparati a Rna (come Pfizer, ndr) e quelli a vettore virale (tipo AstraZeneca, ndr) sono allo studio da anni. E questa confusione informativa continua».

Si spieghi meglio.
«Per esempio, l’Ema ha dato indicazioni per la vaccinazione nei giovani a partire dai 12 anni. Alcuni Paesi, però, come la Germania o la Svezia, vaccinano, al momento, soltanto i ragazzi più fragili, in attesa di avere maggiori dati sugli effetti collaterali (sono descritti casi molto rari di miocardite fra i più giovani, ndr), mentre in Italia si seguono le indicazioni dell’Ema. Vaccinare i giovani, comunque, è fondamentale per la riapertura delle scuole».

E i docenti?
«Li paragonerei agli operatori sanitari, soprattutto coloro che hanno a che fare con i bimbi più piccoli. Io sarei per l’obbligo della vaccinazione».

Non pensa che una certa resistenza alla vaccinazione sia dovuta anche alla paura degli effetti collaterali?
«Gli effetti collaterali più importanti, come ad esempio i casi di trombosi con il vaccino AstraZeneca nelle donne giovani o quelli di miocardite con il vaccino Pfizer nei giovani, sono molto rari. E accettabili se si considerano i danni che la malattia comporta».

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