Le minacce di astensione e la telefonata con Grillo. Poi Conte strappa l’intesa

La segue dalla Camera, in contatto continuo con i ministri e la sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina. Attorno a lui ci sono i capigruppo, e diversi parlamentari. Sa che il confronto sarà durissimo e iper-tattico. «Se il testo della riforma rimane quello per noi è no», fa sapere al premier, con cui si sente ripetutamente. Ancora nessuno ha il coraggio di pronunciare la parola «astensione». I 5 Stelle lo faranno all’ora di pranzo, prima dell’inizio del Cdm. «Sei sicuro?» chiedono i ministri a Conte. «Sì – è la risposta – sulla mafia non si transige». Ce l’ha soprattutto con la Lega e le resistenze che oppone, come gli spiegano Draghi e la ministra Marta Cartabia.

La crisi, fino a quel momento poco più che una fantasia estiva, diventa realtà sulla bocca di Luigi Di Maio. È lui a chiedere a Conte fino a che punto intende spingersi. Ed è sempre lui a chiarire a Draghi il rischio che sta correndo. Non sarà come è avvenuto quando la Lega si astenne in Consiglio dei ministri sul decreto delle riaperture, a fine aprile. L’astensione dei 5 Stelle sarà seguita da un voto contrario in Parlamento, anche nel caso in cui il governo dovesse imporre la fiducia sul testo. «Sarebbe la fine del governo di unità nazionale». È in quel momento che Draghi capisce che fanno sul serio e interrompe il Cdm per trovare una mediazione.

Scongiurare il peggio diventa l’imperativo di tutti. Del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, secondo quanto riportano fonti qualificate, si informa di quello che sta accadendo con Palazzo Chigi, con Di Maio e con Conte. Ma anche Di Beppe Grillo che sente al telefono il ministro degli Esteri e viene aggiornato dall’ex premier sulla decisione, condivisa con ministri e parlamentari, di astenersi in caso di mancato accordo. Conte entra ed esce continuamente dall’ufficio della Camera, per rispondere al telefono. Lo chiamano anche dal Pd. Lo implorano di concedere una mediazione. Trovano un compromesso fissando per i reati del 416 bis 1 l’improcedibilità solo dopo 5 anni. Di fatto è un’eternità e ai 5 Stelle può andar bene, ma solo a patto che emerga come si è comportata la Lega: «Mi rammarica il comportamento della Lega – dice Conte – che in pubblico usa slogan contro la mafia e poi, lontano dalle telecamere, ci ha fatto una durissima opposizione». —

LA STAMPA

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